MANTOVA – ROTONDA DI SAN LORENZO: CONFERENZA SPETTACOLO di PAOLO GOLINELLI

Rotonda_di_San_Lorenzo_Venerdì 11 novembre a partire dalle 17,00 alla Rotonda di San Lorenzo in Mantova si celebra MILLE ANNI FA, S. SIMEONE ARMENO A POLIRONE 1016-2016 con una conferenza spettacolo di Paolo Golinelli col Coro Polifonico Polironiano.

Verranno eseguiti brani dalla Missa sancti Symeonis, in canto fratto diretto dal m. Davide Nigrelli con proiezione di immagini e letture di passi della Vita Sancti Symeonis per onorare san Simeone, nato in Armenia ed eremita pellegrino a Gerusalemme, Roma, Santiago di Campostela, che terminò i suoi giorni mille anni fa, il 26 luglio 1016, nell’appena fondato monastero di San Benedetto Po, dove il suo corpo è venerato e un chiostro è a lui dedicato. La conferenza/spettacolo, seguendo la vita del Santo, tratterà del fenomeno dell’eremitismo intorno al Mille; delle relazioni tra Oriente e Occidente, della nascita dell’eresia medievale, della via Francigena e dei pellegrinaggi, della canonizzazione, dell’agiografia medievale.

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La storia di san Simeone è narrata da una agiografia latina, la Vita sancti Symeonis, scritta da un monaco di San Benedetto pochi anni dopo la sua morte, avvenuta il 26 luglio 1016.  Nobile armeno, il padre avrebbe voluto avviarlo alla carriera militare e al matrimonio, ma il santo abbandonò la sposa promessa e la casa paterna per dedicarsi alla vita religiosa secondo la regola di san Basilio. Del suo eremitismo in Armenia è stato tramandato il miracolo del cervo, animale entrato a caratterizzare l’iconografia del santo. Si narra che mentre egli era nella cella con due compagni, durante una grossa nevicata una valanga ostruì la porta dell’eremo e i tre eremiti rischiavano di morire di fame, quando un cervo mandato da Dio si offrì loro in cibo, tornando ogni qual volta gli eremiti cercavano di allontanarlo, temendo che si trattasse di una tentazione del demonio. Uno di loro, però, si ribellò a questa decisione e morì all’istante. Simeone allora invocò il Signore, l’eremita ribelle tornò in vita e raccontò quanto aveva veduto nel suo viaggio verso l’aldilà.  Dall’Armenia Simeone si recò a Gerusalemme e poi a Roma, ai sepolcri dei santi apostoli Pietro e Paolo. Qui, trovatosi a pregare nella basilica di San Giovanni in Laterano fu accusato di essere un eretico. Il papa lo fece interrogare da un vescovo armeno e Simeone venne riconosciuto «in possesso della vera fede, giusto e santo, veneratore dell’eterna Trinità, adoratore di Dio onnipotente». Proseguendo il suo pellegrinaggio lungo la via Francigena-Romea, Simeone passò in Toscana, in Emilia,  Lombardia e Piemonte, poi dalla Francia in Galizia, a Santiago di Compostela. Si recò a Tours, presso il sepolcro di san Martino, e, alla fine, tornò in Italia, dove, intorno al 1010, fu ospitato nel monastero di San Benedetto tra il Po e il Lirone, fondato pochi anni prima, nel 1007, da Tedaldo di Canossa. Qui venne accolto dall’abate Venerando, che fece costruire per lui una cella vicino al monastero, in modo che potesse continuare la sua vita eremitica. Egli trascorse così gli ultimi anni della sua vita, onorato dal signore della zona, Bonifacio di Canossa (padre di Matilde), che lo elesse suo consigliere.

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Il santo armeno si recava spesso nella reggia a Mantova ed accompagnò un paio di volte Richilde, prima moglie di Bonifacio, a Roma. Morì in odore di santità a San Benedetto Po mille anni fa e il suo corpo vi riposa, in un’urna di vetro sotto il primo altare della navata di sinistra, dopo esservi stato ricomposto nel 1913 da padre Agostino Gemelli. La canonizzazione era stata ottenuta con una lettera di papa Benedetto VIII dallo stesso Bonifacio, padre di Matilde. Simeone incarna in modo perfetto i contatti Oriente/Occidente; monachesimo basiliano e monachesimo benedettino, e le diverse forme di eremitismo che si andavano sperimentando intorno al Mille: eremitismo del deserto (in Armenia), eremitismo peregrinante, eremitismo vicino al monastero (prope monasterium) il più diffuso, che  preludeva a quelle forme miste tra eremo e cenobio che vennero realizzate in quei decenni con la regola dei Camaldolesi, che prevedeva casette isolate all’interno di un circuito monastico.

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