I GIORNI DELLA MERLA: 29, 30, 31 GENNAIO I PIU’ RIGIDI DELL’ANNO – LA TRADIZIONE E LA LEGGENDA

Sono le tre giornate più fredde dell’anno e, i contadini del passato (ma anche quelli di oggi), erano in grado di prevedere il clima primaverile in funzione della rigidità o della mitezza di quei giorni. 

i 3 giorni della merla

Stiamo parlando dei GIORNI DELLA MERLA, una tradizione meteorologica che ha la propria attestazione in tutto lo Stivale e che grosso modo riesce a combaciare nelle versioni. Si tratta delle ultime tre giornate di Gennaio, oppure negli ultimi due giorni di Gennaio e nel primo di Febbraio.

Il motivo per il quale questo periodo viene legato alla Merla è perché, secondo una leggenda, i merli si erano presi gioco del freddo poco rigido che il mese di Gennaio aveva scatenato contro di loro, così questo decise di inasprire i suoi ultimi giorni e quelli si videro costretti a nascondersi dentro ai camini per proteggersi.

Questo ebbe due effetti: da un lato la trasformazione dei merli da bianchi (secondo la tradizione prima di stuzzicare il mese sfoggiavano una livrea candida) a neri come il carbone, dall’altra di aver inasprito le condizioni meteorologiche nei confronti degli umani, che si videro costretti a mettere più legna nella stufa.

A Mantova la leggenda LA MERLA L’HA PASA’ ‘L PO racconta…

Un Gonzaga, signore di Mantova, dovendo recarsi oltre Po per affari pressantissimi nei tre ultimi dì di gennaio, fece apparecchiare la vettura e attaccarvi sotto una mula, detta Merla a cagione della prodigiosa sua rapidità. Giunto però a Borgoforte, il cocchiere riconobbe il fiume tutto agghiacciato, ma vedendo il padrone profondamente addormentato, credette suo dovere tentare di varcarlo, onde potessero aver compimento gli affari per cui eransi mossi. Compiuto felicemente l’arrischiato valico, ei si rimise in via; se non che poco dopo, svegliatosi il Gonzaga, chiese quanto mancasse ad arrivare al Po. Sorrise l’auriga, e rispondendo: La merla l’ha pasà ‘l Po, gli narrò l’occorso. Tanto fu il terrore del Gonzaga che, appena pose piede a terra, onde punirlo d’aver posto a tanto pericolo la sacra sua persona, graziosamente si degnò di farlo appiccare. (Vocabolario Mantovano/Italiano, Ferdinando Arrivabene, Ed. Biblioteca Teresiana, 2019)

Sebastiano Pauli, invece, in un suo trattato intitolato Modi di dire toscani ricercati nella loro origine e pubblicato nel 1740, sosteneva due ipotesi di spiegazione: «”I giorni della Merla” in significazione di giorni freddissimi. L’origine del quel dettato dicon esser questo: dovendosi far passare oltre Po un Cannone di prima portata, nomato la Merla, s’aspettò l’occasione di questi giorni: ne’ quali, essendo il Fiume tutto gelato, poté quella macchina esser tratta sopra di quello, che sostenendola diè il comodo di farla giugnere all’altra riva. Altri altrimenti contano: esservi stato, cioè un tempo fa, una Nobile Signora di Caravaggio, nominata de Merli, la quale dovendo traghettare il Po per andare a Marito, non lo poté fare se non in questi giorni, ne’ quali passò sovra il fiume gelato

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La tradizione dei Giorni della Merla ha attestazione anche nel cremonese dove si usa riunirsi dinnanzi a un grande falò sul sagrato di una chiesa o in riva al fiume, a seconda della tradizione, per intonare insieme al coro abbigliato con abiti contadini (le donne con gonna e scialle, gli uomini con tabarro e cappello) e degustare vino e cibi tradizionali. I giorni della Merla in provincia di Cremona sono il 30, 31 gennaio e 1º febbraio. Da qui il detto duù t’i dò, öön t’el prumetarò, cioè “due te li do e uno te lo prometterò”, per il fatto che anche Febbraio ci mise del suo.

È la volta poi del Friuli, del Forlivese e dei territori della Maremma che si limitano a tramandare la storia con alcune varianti ma senza uscire più del dovuto dalle forme prima dette. Importanti variazioni sul tema, invece, si raccolgono in Sardegna (Scanu Montiferru) dove si racconta de “sas dies imprestadas”, le giornate prese in prestito. Le giornate più fredde dell’anno (il 30 e il 31).

Dunque, una volta, quando gennaio era di 29 giorni fece bel tempo per tutto il mese. Il pastore era contento perché il pascolo sarebbe stato rigoglioso e lui avrebbe avuto un buon reddito. Il pastore si vantò: mancu males chi oc annu est cominzadu cun su tempus bonu e Bennarzu oramai ch’est casi fora!, cioè “meno male che quest’anno è iniziato col buon tempo e ormai gennaio è alla fine!”. Allora Gennaio dispettoso e cattivo – prosegue la legenda – disse: ah gasi est? como ti lu fatto ‘ier deo! Cioè: “Ah è così? Ora ti faccio vedere io!” Voleva umiliare il pastore e il mondo intero con il gelo e con il freddo. Ma poiché era alla fine dei suoi giorni e non avrebbe potuto mettere in opera il suo intento, andò da febbraio, che allora era di trenta giorni, e gli chiese due giorni in prestito:

Frearzu, prestami duas dies, tales chi ponze nie, tales chi ponze ‘iddia e frocca chi su pastore si ‘occat! ossia: “Febbraio prestami due giorni, così che possa scatenare il maltempo con la neve e il gelo affinché il pastore muoia di freddo”, e gasie imparat a si ‘antare”, così impara a vantarsi.

Febbraio acconsentì, gli prestò due giorni, e così Gennaio in quei due giorni si diede da fare a più non posso, con la neve e il gelo, giorno e notte. Cadde tanta di quella neve che gli animali non poterono più trovare di che nutrirsi e piano piano iniziarono a perire di fame e di freddo. Tutte le pecore del pastore morirono assiderate. Si racconta che il povero pastore riuscì a salvarne soltanto una che era riuscito riparare e nascondere sotto unu labiolu (la caldaia di rame che usava per fare il formaggio). Da allora il mese di gennaio ha 31 giorni, mentre febbraio è rimasto di soli 28 e, ancora oggi, aspetta di riavere le giornate date in prestito. (raccontata da nonna – Nanni ‘elogu 2009 – vedi “su situ de nanni ‘elogu”).

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