Il ritorno dell’opera di Verdi “AROLDO” al GALLI DI RIMINI, che si prepara a entrare tra i Teatri di Tradizione: in scena il 27 e 29 agosto e in diretta streaming

Rimini si prepara a un grande evento: il ritorno dell’opera verdiana Aroldo, nel luogo in cui venne realizzata con grande successo la prima rappresentazione, nell’agosto del 1857: il Teatro Galli di Rimini. L’opera sarà allestita il 27 e 29 agosto 2021 (ore 21), in una coproduzione che vede il Teatro di Rimini capofila, in collaborazione con i teatri Alighieri di Ravenna, Luciano Pavarotti di Modena e Municipale di Piacenza. 

Il Teatro Galli, tornato al suo originario splendore nell’ottobre 2018, torna così al centro della scena e prosegue il suo percorso verso il riconoscimento come settimo teatro di tradizione in Emilia-Romagna, dove già appartengono a questa categoria il Teatro Comunale di Ferrara, il Comunale di Modena, il Dante Alighieri di Ravenna, il Municipale di Piacenza, il Municipale di Reggio Emilia e il Regio di Parma.

E’ un “Aroldo” inedito, con una rilettura in chiave attuale, quello che si presenterà al pubblico nel nuovo allestimento. A dare risalto alla produzione del melodramma è il coinvolgimento di importanti artisti originari del territorio – a cominciare dal direttore Manlio Benzi sul podio dell’Orchestra Luigi Cherubini e del Coro del Teatro Municipale di Piacenza e dallo scenografo Edoardo Sanchi, che firma con Emilio Sala la regia e la drammaturgia di uno spettacolo che nella sua concezione intende riflettere anche la storia del teatro di Rimini.

 L’opera sarà anche trasmessa in diretta il 27 agostosulla piattaforma Opera Streaming, progetto della Regione Emilia-Romagna, coordinato del Teatro Comunale di Modena. Sarà visibile gratuitamente sul canale YouTube di OperaStreaming e accessibile dal sito internet www.operastreaming.com. Lo spettacolo resterà disponibile in differita per i sei mesi successivi.

L’iniziativa è stata presentata questa mattina in videoconferenza nella sede della Regione, alla presenza dell’assessore regionale alla Cultura e Paesaggio, Mauro Felicori, del sindaco di Rimini Andrea Gnassi, dell’assessore alla Cultura del Comune, Giampiero Piscaglia e del direttore d’orchestra, Manlio Benzi.

“Saluto con gioia il ritorno dell’opera di Verdi “Aroldo” al Galli di Rimini- afferma l’assessore regionale alla Cultura e Paesaggio, Mauro Felicori-, dove fu per la prima volta rappresentato, un modo speciale di festeggiare la riapertura del teatro dopo tanti anni di attesa. Apprezzo molto, come assessore alla cultura regionale, che questa produzione nasca dalla collaborazione fra il Teatro di Rimini come capofila e i teatri Alighieri di Ravenna, Pavarotti di Modena e Municipale di Piacenza. Abbiamo tanti teatri in Emilia-Romagna, e tutti con legittime ambizioni. E’ dunque importante che, anno dopo anno, si rafforzino le reti di lavoro comune e ospitalità fra i teatri e nel dialogo con i nostri centri di produzione – ERT, Fondazione della Danza, Toscanini – e con ATER. In questo caso segnalo anche quanto sia importante il coinvolgimento dell’Orchestra Luigi Cherubini e del Coro del Teatro Municipale di Piacenza”.
“I nostri teatri- aggiunge l’assessore-, non hanno certo atteso l’epidemia per sperimentare lo streaming e le nuove modalità per raggiungere un pubblico mondiale. Sicché con Opera Streaming eravamo pronti quando il nostro paese ha dovuto assumere dure limitazioni, fino all’annullamento assoluto, dello spettacolo dal vivo. Ora è importante che la ricerca di un nuovo pubblico continui con un aggiornamento continuo fino ad arrivare, come è importante proprio per l’opera, a concepire le produzioni fin dall’inizio con un doppio esito, live e on line”.
“Assicuro infine- conclude Felicori-, che continua il nostro impegno perché il Galli sia riconosciuto dal Ministero come Teatro di Tradizione”.

“Con l’allestimento dell’Aroldo si chiude simbolicamente un cerchio- è il commento del sindaco Andrea Gnassi-,  un percorso aperto quel 28 ottobre 2018, quando abbiamo spalancato le porte del nostro teatro dopo 75 anni di silenzio, sanando una ferita dolorosa per la comunità. Da quel giorno Rimini ha ritrovato non solo il suo teatro, ma si è riappropriata del suo essere città capace di creare arte e cultura. Così come la prima di Giuseppe Verdi segnò l’inizio di una nuova storia per Rimini e per il suo teatro, così questo Aroldo inedito, riletto in una chiave attuale e fortemente legata alla nostra identità, è il segno di un Teatro che torna ad essere centro di produzione creativa, una fabbrica di bellezza e di sogno”.

“Il 1843 è riconosciuto dagli studiosi come l’anno più importante della storia della città di Rimini dopo quello della sua fondazione- afferma l’assessore Giampiero Piscaglia-. In quell’anno nacque il primo stabilimento balneare e in quell’anno fu posata la prima pietra del Teatro Galli. Così come allora la costruzione del Teatro portò la città nell’era moderna, così la ricostruzione e l’inaugurazione del teatro nel 2018 ha aperto una nuova fase per Rimini. La drammaturgia dell’Aroldo, l’opera che segnò l’apertura del Teatro, è una storia che in questa prima produzione riminese viene calata in uno scenario inedito, nei primi decenni del Novecento. E’ un’opera che si sviluppa su due piani, con gli intrecci dell’Aroldo che rivelano al pubblico la storia di Rimini e del suo teatro, distrutto e poi ricostruito”.

“Il “miracolo” nell’Aroldo è quello dell’empatia e della comprensione reciproca che, dopo l’allontanamento traumatico e una rottura apparentemente insanabile, riporta con sé un senso di speranza sull’onda del quale abbiamo voluto raccontare non solo una delle più belle opere di Verdi, ma anche un altro evento miracoloso: la ricostruzione del teatro di Rimini”. Così Emilio Sala espone il quadro concettuale di una interpretazione che è diventata una sorta di lavoro collettivo in cui tanto il lavoro musicale quanto quello registico hanno condiviso fin dall’inizio le stesse istanze drammaturgiche. 

“Mi piace rifarmi alle parole di Emilio e sottolineare il carattere di possibile riconciliazione che l’opera si porta dentro – aggiunge il Maestro Manlio Benzi – per noi che insieme ci abbiamo lavorato è stata dall’inizio riconciliazione della musica con il dramma, inestricabilmente ripensati insieme, attendendo possa essere riconciliazione di un teatro e la sua storia con la comunità che attorno a quello si raccoglie”.

Nella squadra coinvolta nell’allestimento Isa Traversi cura i movimenti scenici, Giulia Bruschi le scene, Elisa Serpilli i costumi, Nevio Cavina le luci, Matteo Castiglioni i video e le proiezioni.  In scena giovani e già affermati cantanti: Antonio Corianò (Aroldo) Lidia Fridman (Mina) Michele Govi (Egberto) Adriano Gramigni (Briano), Cristiano Olivieri (Govino).

L’Aroldo di Verdi venne rappresentato per la prima volta il 16 agosto 1857 per inaugurare il Nuovo Teatro di Rimini che, progettato dall’architetto Luigi Poletti, aprì finalmente i battenti nel luglio dello stesso anno dopo lunghe traversie. Per quell’occasione il teatro venne anche dotato di un grande sipario realizzato dal pittore bergamasco Francesco Coghetti sul tema di Giulio Cesare che passa il Rubicone. La scena raffigura il momento in cui, di notte, Cesare sul suo cavallo attraversa il fiumiciattolo sfidando lo stato romano. Nel cielo fosco appare l’immagine della Patria sconvolta («patriae trepidantis imago», come ha scritto Lucano nella Farsaglia) che ammonisce l’imperterrito condottiero. Tra l’altro non si hanno elementi sufficienti a stabilire se il Rubicone attuale, che sino alla fine degli anni Venti del Novecento si chiamava invece Fiumicino, corrisponda al corso d’acqua a cui i Romani davano quel nome. Sappiamo solo che il Rubicone antico scorreva fra le città di Cesena e Rimini nel cui territorio sono presenti alcuni fiumiciattoli detti appunto Fiumicino, Pisciatello e Uso. Fu solo nel 1932 che il nome antico venne restaurato da Mussolini per decreto: a partire da quell’anno il Fiumicino venne ribattezzato Rubicone all’interno di una campagna ideologica fondata sull’identificazione tra il Duce e il fondatore dell’impero romano. Tornando al 1857, Verdi e Giuseppina Strepponi, insieme al librettista e responsabile della messinscena Francesco Maria Piave, trascorsero circa un mese a Rimini. L’Aroldo venne diretto da Angelo Mariani e i ruoli principali vennero affidati ai seguenti interpreti: Aroldo ad Emilio Pancani (27 anni), Mina a Marcella Lotti della Santa (26 anni), Egberto a Gaetano Ferri, Godvino a Salvatore Poggiali e Briano a Giovanni Battista Cornago.

Il Teatro di Rimini venne, dopo l’Unità, intitolato al primo re d’Italia, Vittorio Emanuele II, e continuò a svolgere il suo ruolo di massima istituzione della vita teatrale e musicale cittadina fino a quando, durante la seconda guerra mondiale, venne colpito nel corso del disastroso bombardamento aereo del 28 dicembre 1943, uno dei più devastanti che subì la già semidistrutta città balneare. Dopo la guerra e la caduta del fascismo, il Consiglio comunale, in una delibera del 1947, da una parte decise di non ricostruire il teatro, dall’altra stabilì di ribattezzarlo col nome del musicista riminese Amintore Galli. L’edificio è rimasto, come una ferita aperta nel cuore della città, per settantacinque anni. Durante questo lungo lasso di tempo, ogni tentativo di promuoverne la ricostruzione è finito in un nulla di fatto attraversato da polemiche tanto feroci quanto inconcludenti. Poi il miracolo. Nel 1995 venne srotolato per la prima volta in pubblico il sipario che era stato recuperato dalle macerie dopo il bombardamento dal custode del teatro Aldo Martinini. Benché lacerata e degradata, la grande tela colpì l’immaginario dei riminesi innescando un processo di presa di coscienza collettiva che portò alla formazione di un movimento d’opinione alla cui determinazione si affiancò una nuova volontà politica che fece breccia presso l’amministrazione comunale. Nel 2018 il Teatro Amintore Galli di Rimini, ricostruito a partire dal progetto polettiano, è stato restituito alla città e a tutta la comunità di coloro che si riconoscono nei valori della cultura e dell’arte.

La nuova produzione dell’Aroldo, che andrà in scena il 27 e 29 agosto 2021 nello stesso teatro che lo tenne a battesimo, ripropone l’opera di Verdi in un allestimento che, oltre alla vicenda originale, racconterà la storia del teatro di Rimini ovvero, come si scoprirà alla fine, la nostra storia. Il punto di partenza è la “drammaturgia del perdono” che – caso raro – sta alla base del progetto musicale verdiano, una drammaturgia che, nello stesso anno (1857), era stata già sperimentata dal grande compositore nel Simon Boccanegra, anche se con un esito tragico: Fiesco e Simone si riconciliano ma quest’ultimo muore avvelenato. Nell’Aroldo, invece, il perdono finale apre uno spazio catartico – per quanto fragilissimo – pieno di aspettative e di speranza.

Emilio Sala

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