MATILDE DI CANOSSA, UNA DELLE DONNE PIÙ INFLUENTI DEL SUO TEMPO

Matilde di Canossa è stata l’ultima erede di una grande dinastia feudale, ha compiuto scelte politiche alte che hanno contribuito a segnare la fine di un’epoca e l’avvio della civiltà comunale, delle città e delle libertà individuali.

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MATILDE DI CANOSSA

Gli anni che vanno dalla sua nascita avvenuta in Mantova intorno al 1046 fino alla sua morta, nel 1115, hanno visto la rivoluzione di idee che ha accompagnato le riforme della Chiesa, la controversia per le investiture e lo scopo tra papato e impero.

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Matilde di Canossa riceve l’abate Ugo di Cluny

I legami di parentela con la famiglia imperiale e quelli matrimoniali con i duchi di Lorena e i Welfen, l’alleanza con papa Gregorio VII, i contatti con l’abate Ugo di Cluny e con Anselmo, vescovo di Lucca, hanno fatto della Grancontessa e della sua corte un perno molto importante intorno al quale si sono svolti scontri militari, mediazioni, strategie ed anche episodi di grande impatto simbolico, come ad esempio la penitenza dell’imperatore Enrico IV di fronte al pontefice, nel castello di Canossa avvenuto nel gennaio 1077.

Da non tralasciare le sue tormentate vicende personali come i due infelici matrimoni, la morte di una figlia ancora in tenera età che si sono andati ad intrecciare con passaggi e decisioni politiche.

Matilde, una donna sola e potente che ha visto il suo incondizionato appoggio al papato, da una parte, tanto da farne un’eroina della Chiesa di Roma, fino a meritare di essere sepolta nella basilica di San Pietro (i suoi resti sono stati trasferiti dalla chiesa abbaziale di Polirone di San Benedetto Po, dove aveva deciso di farsi seppellire); dall’altra, l’ha trasformata in un facile bersaglio di calunnie e maldicenze legale alla sua vita privata.

Allo scopo, ne è nato un mito ambivalente, dove vanno ad intrecciarsi leggende, celebrazioni e attacchi, il cui fascino arriva fino ai giorni nostri.

Andiamo ora a scoprire le radici di Matilde di Canossa

GENEALOGIA CANOSSA

La famiglia dei Canossa trae origine dal capostipite Sigefredo, stabilitosi in pianura padana dalla Tuscia intorno al X secolo, al seguito di Ugo di Provenza.

Sigefredo ebbe quattro figli: Prangarda, Adalberto Atto, continuatore della dinastia, Sigefredo e Gerardo, da cui derivarono i rami parmensi dei Guiberti o Gibertini e dei Baratti.

Adalberto Atto, nella seconda metà del X secolo, creò una base fondiaria coesa e strategica, attraverso l’acquisto e la cessione oculata di diversi possedimenti; dalla moglie Ildegarda di nobile famiglia, ebbe quattro figli: Gotifredo (che divenne vescovo di Brescia), Rodolfo, Prangarda e Tedaldo, suo successore.

Tedaldo, che visse verosimilmente tra 955 e il 1013, estese il dominio della famiglia a Ferrara e Brescia e dall’unione con la moglie Guillia, nacquero: Bonifacio, futuro padre di Matilde di Canossa, Tedaldo e Corrado.

Bonifacio ottenne il titolo di Marchese e Duca di Tuscia; i suoi beni furono accresciuti dall’apporto patrimoniale della prima moglie, Richilda dei Giselbertini, conti di Bergamo e della seconda, la principessa Beatrice di Lorena.

Beatrice apparteneva ad una delle più importanti famiglie aristocratiche europee, quella dei Duchi di Lorena ed era nipote dell’Imperatore Corrado II.

Fu proprio l’imperatore Corrado II a volere l’unione di Beatrice coi Canossa e tutta la corte imperiale partecipò nel 1037 ad uno dei più grandi banchetti reali per il matrimonio di Beatrice e Bonifacio III di Toscana, a Marengo (di Goito) nei pressi di Mantova.

Per tre mesi consecutivi le vivande vennero portate alle mense su splendidi vasellami d’oro e d’argento, a dorso di cavallo; secchi d’argento attingono il vino dai pozzi, mentre musiche di cetre e lire allietano i commensali.

Dalle nozze con Bonifacio,  nacquero tre figli: Federico e Beatrice, morti in tenera età e Matilde, futura Contessa di Canossa.

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Matilde di Canossa, nata intorno ai 1046, alla morte del padre iniziò a governare il suo vasto stato dapprima affiancata dalla madre Beatrice e poi alla morte di quest’ultima, da sola.

Si unì in matrimonio una prima volta con Goffredo il Gobbo nel 1069 e una seconda volta con Guelfo Duca di Baviera nei 1088, ma entrambi le unioni risultarono infelici.

Nel quadro delle lotte fra papato e impero, l’azione della contessa, strenua sostenitrice del Papa, si pose come elemento politico di rilevante importanza. Morì nel 1115.

BONIFACIO e BEATRICE

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Bonifacio di Toscana

Bonifacio nacque intorno al 985, fu una figura di rilievo nella vita politica dell’XI secolo: abile nell’intrecciare alleanze con gli imperatori tedeschi, aumentò il patrimonio paterno con nozze calcolate, con la sottrazione di beni alla Chiesa ed altre acquisizioni più o meno lecite.

Tra il 1010 e il 1015, realizzò un vantaggioso matrimonio con la nobile Richilde figlia del conte palatino e di Bergamo, la cui dote era costituita da numerosi beni nel territori di Brescia, Mantova, Ferrara, Reggio nell’Emilia, Cremona e Verona.

Bonifacio divenne un fedele esecutore della politica di Corrado II di Franconia, salito al trono nel 1024 che gli concesse l’importante marca di Tuscia, zona nevralgica per mantenere il dominio in Italia: dal 1032, ebbe i titoli di marchese e duca.

Dopo la morte di Richilde, Bonifacio sposò in seconde nozze Beatrice di Lorena, principessa strettamente imparentata con la famiglia imperiale e discendente da una delle più importanti dinastie delle Fiandre. Il matrimonio fra l’ormai anziano marchese e la giovane Beatrice, si rivelò anche questo, di grande interesse sotto l’aspetto patrimoniale: Beatrice portava in dote cospicui beni feudali e allodiali, fra cui un esteso territorio in Lorena e altri possedimenti in Lussemburgo e Belgio.

Bonifacio venne ucciso nel 1052 durante una partita di caccia a San Martino dell’Argìne, nel Mantovano.

Si ipotizza che non furono completamente estranei all’assassinio sia l’imperatore Enrico III che Goffredo li Barbuto.

Bonifacio venne sepolto nella chiesa di San Michele a Mantova, la città che egli aveva scelto come centro dei suo dominio feudale.

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sigillo di Beatrice

Scomparso Bonifacio, Beatrice di Lorena si risposò nel 1054 con Goffredo il Barbuto. Rimasta nuovamente vedova nel 1069, dopo aver governato lungo tempo per conto della figlia Matilde, morì nel 1076 e venne sepolta a Pisa, ove tutt’ora si trova la sua tomba.

LA VITA DI MATILDE DI CANOSSA

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Parmigianino, Ritratto di Matilde di Canossa, XVI secolo, Museo Diocesano, Mantova

Matilde, come è già stato riportato sopra, nacque terzogenita dal marchese Bonifacio di Canossa e Beatrice di Lorena, nel periodo compreso fra u 1045 e li 1046, probabilmente a Mantova.

Nell’epoca del secondo matrimonio di Beatrice con Goffredo il Barbuto, Matilde fu ostaggio con la madre dell’imperatore Enrico III, che nel 1055 portò le due donne in Germania. Entrambe vennero liberate l’anno successivo e dopo una breve permanenza in Lorena, dove Matilde venne promessa in sposa a Goffredo il Gobbo, figlio del Barbuto, madre e figlia ritornarono in Italia.

Nel 1069 vennero celebrate le nozze fra Matilde e Goffredo il Gobbo, matrimonio rifiutato con forza dalla Grancontessa, che tuttavia fu costretta a cedere; in seguito, contro la volontà del marito, Matilde rientrò in Italia, benché l’unione rimanesse ancora formalmente valida. Goffredo il Gobbo morì in seguito di una orribile ferita, nel 1076.

Vogliamo ricordare che nel 1073 si avviava un periodo di crisi acutissima nei rapporti fra Chiesa e Impero, alla cui guida si trovavano rispettivamente Papa Gregorio VII e il giovane imperatore Enrico IV. Nel quadro di questo gigantesco dissidio, l’azione di Matilde si poneva come elemento politico di rilevante importanza: la difesa del pontefice riformatore venne sostenuta in Italia dalla contessa, che lottò contro il cugino imperatore e mediò tra i due nella vicenda di Canossa del 1077.

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Successivamente, Enrico IV tentò di domare la resistenza di Matilde e di deporre il papa; nel 1081 il sovrano si recò a Lucca dove si presume abbia pronunciato il «bando» contro la marchesa di Toscana, dichiarandola deceduta dal governo di tutti i feudi. Nel 1085 in esilio a Salerno moriva Papa Gregorio VII.

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terre matildiche

Nell’anno 1088 ebbe inizio la seconda e infelice esperienza matrimoniale della Grancontessa con Guelfo di Baviera, che però fallì quasi subito sia per motivi politici sia forse per la rilevante differenza d’età fra Guelfo, 19 anni e Matilde, 42 anni.

Nel 1092, in seguito a nuove ostili azioni militari, Matilde convocò un convegno rimasto famoso, nel suo castello di Carpineti, nel reggiano: nell’incontro si distinse uno sconosciuto eremita di nome Giovanni, che con infiammate parole incitò i presenti a proseguire la lotta contro l’imperatore. Nello stesso anno avvenne lo scontro decisivo nelle vicinanze della rocca canusina: le milizie di Matilde fecero una sortita con grande impeto ed Enrico fu costretto a retrocedere; a testimonianza di questa vittoria fu innalzato un tempietto votivo dedicato tuttora alla «Madonna della Battaglia».

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Gli atti di fondazione di numerosi edifici ecclesiastici, oltre a tramandarci la devozione della contessa alla religione e alla Chiesa, ci testimoniano il suo favore per l’arte, quali nel 1070 la cattedrale di Lucca, nel 1099 il Duomo di Modena, il monastero e la chiesa di Marola, ma anche ospizi per i poveri e i pellegrini. Gli anni seguenti furono segnati da importanti successi di Matilde, che riacquistò i territori perduti, nei quali però, sul finire del IX secolo cominciarono a germogliare le libertà comunali.

Successivamente, in un mutato clima politico, Matilde incontrò nei castelli di Bianello il figlio del suo feroce cugino e nemico, Enrico V, che aveva deposto e combattuto il padre, morto in esilio nel 1106. Il nuovo sovrano tedesco fu ospitato dalla gran contessa dal 6 all’8 maggio 1111 e Donizone narra che il sovrano esaltò la contessa con grandi lodi, la chiamò madre e la nominò “viceregina del Liguri”, una nomina mai adeguatamente chiarita.

Corte Bondanazzo

Matilde morì a Bondeno di Rancore (un toponimo che per molti anni svanì nel tempo e individuato da alcuni storici in Bondanazzo di Reggiolo) il 24 luglio 1115 e venne sepolta nel monastero di San Benedetto di Polirone.

Nel 1632 il suo corpo fu traslato a Roma e ancora oggi si trova nella basilica di San
Pietro in un monumentale sarcofago, ideato e in parte eseguito dal Bernini.

LEGGENDE

Molte leggende popolari su Matilde si tramandano nel Reggiano, in particolar modo nella zona collinare e appenninica.

Si racconta che Matilde chiese per sé al pontefice il privilegio di celebrare la messa,
benché donna. Il papa le rispose che ciò sarebbe stato possibile se la contessa avesse costruito cento ospizi con le rispettive chiese, ma Matilde riuscì a costruirne novantanove e poi morì, senza poter adempiere al suo obbligo e vedere così realizzata l’aspirazione a celebrare la messa.

Un’altra leggenda narra di un intervento divino, che avrebbe dato la vittoria alle milizie matildiche nella battaglia condotta nel 1092 contro l’esercito imperiale, in territorio canossano.
Poco prima dello scontro, la contessa invocò l’aiuto della Madonna che comparve tra le nubi a confortare Matilde, con il Bambino tra le braccia e un angelo che suonava una musica armoniosa con la cetra. Subito dopo, una nebbia fittissima (di cui parla anche frate Donizone) disorientò i soldati nemici e permise alle milizie canossane di sferrare l’attacco decisivo e conseguire una completa vittoria.

  • Anche nelle terre di Lorena ad Orval, fiorì una leggenda, secondo cui Matilde, triste e pensosa sulla riva di un lago dopo la morte del figlio, avrebbe perduto l’anello nuziale; questo le sarebbe stato restituito in modo miracoloso da una trota affiorata dall’acqua, dopo una muta invocazione alla Vergine. La scena è tuttora rappresentata sul sigillo della biblioteca dì Orval. Una fontana, ancora oggi esistente ed è intitolata a Matilde.

A Canossa, da diversi lustri, le contrade commemorano a fine gennaio l’incontro del 1077 e organizzano un’altra rievocazione storica in costume nella prima domenica di settembre; a Quattro Castella, fin dal 1955 l’intero paese ricorda ogni anno, in primavera, la visita dell’imperatore Enrico V alla gran contessa, presso il Castello di Bianello.

CHIESE MATILDICHE NEL MANTOVANO

Matilde di Canossa non si risparmiò per organizzare il suo Stato, vasto ma dai confini incerti.

Nello sforzo di unire città e campagna non le era indifferente Mantova, dove erano state rinvenute le reliquie del Sangue di Cristo. Presso il luogo del ritrovamento la devozione si era espressa con l’edificazione della rotonda di S. Lorenzo, anche come cappella palatina sul modello di Aquisgrana, nel cui interno le decorazioni appaiono ispirate ai temi della riforma gregoriana.

Nell’Oltrepò mantovano, fra le chiese monasteriali matildiche c’è quella di Gonzaga e di forte effetto è il rosa delle nude masse murarie della chiesa romanica di S. Lorenzo a Pegognaga.

Una delle più antiche pievi è quella di Nuvolato di Quistello; mentre coniugato con tre absidi è il romanico della parrocchiale dell’Assunta di Pieve di Coriano.

Ancora, la chiesa di S. Croce di Sermide e, addossata all’argine del Po, quella di Felonica, eretta su preesistenze benedettine, poi trasformata in chiesa gotica.

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La conferenza del prof. Maurizio Tani di Reykjavík ci porta in Toscana, nelle colline del Lari, dove il nome di Matilde è legato alle Terme di Casciana e ad altre località. Un aspetto della storia del mito della Contessa poco conosciuto,  che legano questi luoghi a Matilde, dal Medioevo, al Rinascimento, sino al Risorgimento, interessando umanisti, come Ciriaco d’Ancona, studiosi di idroterapia, e figure femminili come Paola Malatesta (detta Paola di Mantova), moglie di Gianfrancesco Gonzaga

© Pagina a cura di Grazia Baratti (immagini web – Matilde Newletter 2020-  GB – MB)

Paolo Golinelli per il DanteDì (25 marzo 2021):

Perché “Matelda” è Matilde di Canossa

Presentazione presso il sito di “Italia Medievale” il video dell’ultimo libro del professor Paolo Golinelli: Matilde di Canossa. Vita e mito, ed. Salerno, Roma, 2021

La straordinaria vicenda umana di una donna di grande tempra, figlia e madre sfortunata, con un’innata attitudine al comando, si inserisce da protagonista in uno dei periodi più intensi di conflitti e trasformazioni sociali della storia d’Europa. Questo libro ci racconta la storia della potente Matilde (1046-1115) e di Canossa che percorrono come pietra di paragone tutto il secondo millennio, nell’esaltazione di grandissimi poeti, come Dante e Petrarca, Ariosto e Tasso, Carducci e Pascoli, e nel disprezzo dei polemisti anticattolici, dai Centuriatori di Magdeburgo a Voltaire fino a Bismarck, che rese l’andare a Canossa un’espressione proverbiale.

Ogni capitolo del libro si apre con un’illustrazione che funge da viatico alla lettura, rendendola accattivante. A cominciare dalle famosissime miniature medievali, dai ritratti dei grandi artisti rinascimentali come Lucas Kranach il vecchio, Perugino, Michelangelo, Federico Zuccari, Orazio Farinati, fino alle opposte rappresentazioni dell’incontro di Canossa, alle immagini idilliache della Matelda dantesca nei preraffaeliti di fine Ottocento, e dei luoghi matildici delle viaggatrici inglesi che spesso accompagnavano i loro racconti di viaggio con disegni colorati.

TOVAGLIA DEL PERDONO esposta in anteprima nel Refettorio del Monastero di San Benedetto Po (Mantova), il 7 dicembre 2023

TOVAGLIA DEL PERDONO per la BASILICA VATICANA

( da Matilde Newsletter 43 Febbraio 2024 – Presidente Paolo Golinelli)

La mostra allestita ai Musei Vaticani

Dalla rocca di Canossa alla roccia di San Pietro. Una piccola mostra presentata ieri ai Musei Vaticani fa memoria della Gran Contessa Matilde, prima donna ad essere sepolta nella Basilica Vaticana. Al centro dell’esposizione la Tovaglia del Perdono con decorazioni tratte da antiche miniature. Sarà donata al Papa per l’Altare della Cattedra. Monsignor Ghirelli: per ottenere il perdono, promesso dal Signore, occorre l’umiltà di riconoscersi creature

È destinato a rivestire l’Altare della Cattedra il pregiato tovagliato in lino al centro della piccola, ma singolare mostra allestita per 18 giorni, fino al prossimo 17 febbraio, nella Sala XVII della Pinacoteca Vaticana. Fa memoria di Matilde di Canossa, “onore e gloria d’Italia”, ultima discendente di una potente dinastia feudale, abile mediatrice nella secolare lotta tra impero e papato, prima donna ad essere sepolta nella Basilica Vaticana accanto ai pontefici pur non essendo stata mai proclamata ne’ santa, ne’ beata.

In un’epoca di grandi dialettiche interne alla cristianità, con denunzie di irregolarità nell’elezione papale, lacerazioni e scomuniche, Matilde, vissuta tra il 1046 ed il 1115 prese decisamente posizione a favore della riforma morale del clero promossa in particolare da Gregorio VII, agendo concretamente in favore della pace.

La Tovaglia del Perdono in lino bianco, “dipinta ad ago”, è stata realizzata dal circolo culturale “Reggio Ricama” in ricamo matildico, ispirato cioè alle  miniature del poema di Donizone, codice custodito o dalla Biblioteca Apostolica Vaticana, che narra le vicende di Matilde e dei suoi antenati e ricorda il perdono concesso a Canossa esattamente 947 anni fa, il 28 gennaio 1077, da Papa Gregorio VII all’imperatore Enrico IV penitente davanti alle mura del castello appenninico della “Gran Contessa”. “Un opera di alto artigianato che recupera una tradizione plurimillenaria” l’ha definita il Direttore dei Musei Vaticani Barbara Jatta.

Il recupero della tradizione di questi ricami si deve all’intuizione della psichiatra reggiana, Maria Bertolani Del Rio che negli anni Trenta del secolo scorso a Reggio Emilia presso l’Istituto “San Lazzaro” sperimentò significativi progressi di autonomia in ragazze e ragazzi affetti da varie patologie mentali, coinvolgendoli nella produzione di ricami ispirati alle forme e ai motivi ornamentali delle architetture romaniche e medievali legati alla mitica epoca di Matilde di Canossa. È nata così l’Ars Canusina o Ricamo Matildico. “Abbiamo copiato dal Codice di Donizone custodito in Vaticano: ogni punto dato al ricamo di questa Tovaglia che sarà posta sull’Altare della Cattedra – spiega Sandra Cosmi, presidente di Reggio Ricama – è una preghiera, un modo di pregare”.

“In un’epoca dominata dalla tecnologia i mestieri e l’artigianato preservano antiche tradizioni e competenze”, ha detto il cardinale Mauro Gambetti, arciprete della Basilica di San Pietro. “Il tempo nell’artigianato ha una dimensione di grande valore. Non si va di fretta. L’artigianato è un antidoto agli affanni. Questi ricami sono una preziosa testimonianza del ‘sapere’ con le mani”.

La Tovaglia del Perdono sarà donata a Papa Francesco e solennemente consegnata alla Basilica Vaticana il prossimo 22 febbraio, nel giorno della Festa della Cattedra di San Pietro.  In mostra anche uno dei paramenti che accompagnerà il dono della tovaglia, un ritratto secentesco di Matilde di Canossa, un celebre frammento dell’epigrafe che si riferisce alla donazione allodiale (cioè “libera)” dei beni della “Gran Contessa al Papa” e il già citato Codice di Donizone proveniente dalla Biblioteca Vaticana che insieme al Capitolo della Basilica Vaticana, alla Fabbrica di San Pietro ha collaborato a questo progetto, curato da Fernando Giuseppe Miele con il patrocinio della Regione Emilia Romagna.

  • Intervista a mons. Tiziano Ghirelli

Sul contenuto dell’esposizione si sofferma monsignor Tiziano Ghirelli, canonico della Basilica di San Pietro in Vaticano, già direttore dell’Ufficio Beni Culturali della Diocesi di Reggio Emilia e già membro del comitato per la valorizzazione dei progetti presso l’Ufficio Nazionale della Cei:

“Dai depositi dei Musei Vaticani esce dopo anni di nascondimento il ritratto di Matilde di Canossa a cavallo è una tela seicentesca di scuola romana ispirata al dipinto di Paolo Farinati, destinato alla tomba della Contessa nella chiesa abbaziale di San Benedetto Po (in provincia di Mantova), la sua prima sepoltura. Poi dalle Grotte della Basilica di San Pietro proviene una epigrafe frammentaria della donazione allodiale dei beni matildici al Papa: un testo che dopo 500 anni circa viene ricomposto per questo evento espositivo in maniera originalissima e di grande impatto emotivo. Eccezionalmente inoltre, viene concesso dalla Biblioteca Apostolica Vaticana l’antichissimo Codice Vaticano Latino 4922 ed è un codice di Donizone, monaco benedettino che viveva Canossa. È una sorta di album di famiglia, miniato in modo eccezionale, appartenuto alla famiglia Canossa, opera dello scriptorium del monastero reggiano di San Prospero. Questo codice pergamenaceo è databile agli anni tra il 1111 e il 1116. Infine troveranno spazio anche i manufatti liturgici realizzati da maestre e allieve di “Reggio Ricama”, questo laboratorio, circolo culturale che si dedica all’arte del ricamo, in questo caso l’arte del ricamo cosiddetto canusino, perché si rifà a dei motivi ispiratori trovati appunto nel codice stesso. Questi manufatti liturgici sono destinati alla Basilica papale di San Pietro. Già ne sono state consegnate due di tovaglie, ma in questa occasione verrà consegnata la Tovaglia del Perdono e un insieme di abiti liturgici, quindi un camice, una casula, la dalmatica, la mitria, il piviale, eccetera.

Questa tovaglia sarà donata al Papa, sarà consegnata il 22 febbraio, nel giorno della Festa della Cattedra di San Pietro, ed è destinata all’Altare della Cattedra di San Pietro. Come questi manufatti si calano nell’attualità dei nostri giorni?

Dire tovaglia vuol dire “Ultima Cena”, vuol dire mensa, vuol dire esaudire il comando, la consegna di Gesù: “Fate questo in memoria di me”. Abbiamo attivato un pool di aziende che ci consentiranno di far pervenire un aiuto alla Elemosineria Apostolica per le attenzioni che il Santo Padre manifesta a chi vive nel disagio. (Paolo Ondarza – Città del Vaticano)