TRISTANO MARTINELLI (Arlecchino)

L’INVENTORE DELLA MASCHERA DI ARLECCHINO

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Non c’è per Arlecchino un testo letterario che certifichi la sua nascita. A inventarlo fu un attore del XVI secolo, Tristano Martinelli, vissuto a Mantova tra 1557 e il 1630 (è nato a Marcaria il 7 aprile 1557). Acrobata e funambolo, Martinelli simulava in scena viaggi all’Inferno e ritorno, scatenava il riso giocando con il sesso e gli escrementi, improvvisava monologhi demenziali. Circondato da un alone di magia, era amato dai Valois, dai Savoia, dai Medici e dai Gonzaga, che videro in lui l’amuleto capace persino di rendere fertili dinastie minacciate dalla sterilità. Grazie ad Arlecchino, Tristano Martinelli divenne ricco e famoso, portando sulla scena il suo personaggio dalle Fiandre a Londra, da Parigi a Madrid, da Venezia a Firenze.

Attore teatrale ed acrobata, proprio a lui è stata attribuita la creazione della maschera di Arlecchino. Le prime fonti sulla sua attività di attore sono legate alla tournée che ha compiuto all’età di diciannove anni, nel 1576, con suo fratello maggiore, Drusiano, nelle Fiandre: in quell’anno la sua presenza è attestata ad Anversa nella compagnia reclutata dall’attivissimo fratello.

Dopo la tournée nelle Fiandre, Tristano Martinelli, è diventato rapidamente famoso e la sua attività ha continuato ininterrottamente. Nel 1584-85 ha seguito la compagnia dei Confidenti a Parigi; dall’agosto 1588 fino alla fine dell’anno è stato attivo di nuovo con Drusiano e con Angelica Alberghini a Madrid; tra maggio e giugno 1592 ha recitato a Firenze con la compagnia degli Uniti, con la quale è rimasto continuativamente fino alla fine del 1595, salvo l’estate del 1592 che l’ha trascorsa a Mantova. Ha recitato nuovamente a Firenze nello Stanzone delle commedie della Dogana, nella stagione invernale del 1594, mentre il 13 ottobre dello stesso anno si è esibito a Milano con la compagnia dei Confidenti in onore della contessa di Haro, nuora del governatore Juan Fernández de Velasco.

Lasciata la compagnia del fratello, nel 1595 è entrato in quella dei Desiosi, diretta da Diana Ponti, in arte Lavinia, della quale ha fatto parte fino al 1598, girando nelle principali città del circuito teatrale lombardo: Cremona (dicembre 1595); Milano e Mantova (marzo 1597); Piacenza (luglio 1597). Nel novembre 1597 ancora a Firenze e nell’occasione il granduca Ferdinando I gli concesse il privilegio di depositare il suo denaro al Monte di Pietà e così il Martinelli ha iniziato a incrementare progressivamente il proprio capitale, che fece crescere con molta oculatezza, limitandosi a prelevare, negli anni, solamente gli interessi.

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Nel maggio del 1598, a Modena, ha maturato la decisione di rientrare nella formazione del fratello, dei Comici Accesi, attiva a Mantova al servizio del duca Vincenzo I Gonzaga, guidata da subito dallo “Zanni” soprannominato Frittellino; entra in competizione con il capocomico, questi scrive al Duca di Mantova esprimendo il suo disappunto per la condotta, sempre più autonoma del Martinelli. Contrariamente alle aspettative di Frittellino, il duca, nomina il Martinelli nuovo capocomico dato che il suo personaggio, a metà fra l’attore e il buffone di corte, aveva superato, nel cuore dei francesi, in quanto a celebrità, tutti gli altri comici della compagnia. Con la stessa Compagnia è andato in Francia per la tournée degli anni 1600-01.

All’inizio di questo viaggio, a Lione, ha dato alla stampe le Compositions de rhétorique de m. don Arlequin, comicorum de civitatis Novalensis, corrigidor de la bonna langua francese et latina, condutier de comediens, connestabile de messieurs le badaux de Paris, et capital ennemi de tut les laquais inventeurs desrobber chapiaux. Dedicato a Maria de’ Medici in occasione del matrimonio con Enrico IV di Francia, è il libro-manifesto esemplare della cultura arlecchinesca giunta al culmine della maturità. Conservato probabilmente in una copia unica, oggi si trova a Parigi presso la Bibliothèque Nationale, è composta di una settantina di pagine per lo più bianche, con poche incisioni che riproducono la maschera di Arlecchino e i suoi compagni, commentate da versi burleschi composti in una comicissima lingua teatrale, miscuglio di latino, francese, italiano e spagnolo. Le Compositions, il cui titolo completo sintetizza appieno la materia scherzosa di cui tratta, furono stampate «de là le bout du monde», all’inferno, luogo arlecchinesco per antonomasia, che in tal caso coincide con il quartiere omonimo di Lione, antica sede degli stampatori.

Di ritorno dalla Francia, ha acquistato nel mantovano il possedimento dei Due Castelli (oggi Castelbelforte), il primo di una serie di proprietà che il Martinelli ha cercato di accumulare per mettersi al riparo dalle incertezze della vita del comico. Ne fa fede il testamento datato 17 maggio 1604 in favore della prima moglie, Cassandra Guantari, del fratello Drusiano e dei figli di costui, oltre che dei fratelli Rubiano e Barbara.

Nel 1606 Tristano gli muore il fratello maggiore Drusiano e, molto probabilmente nel 1608 anche la moglie Cassandra. Dopo un solo anno di vedovanza, il 13 novembre 1609, a cinquantadue anni si è risposato con la ventenne Paola Avanzi di origine veronese, dalla quale ha avuto sette figli i quali sono stati tutti tenuti a battesimo dai maggiori principi italiani ed europei. Nel 1610, il primogenito Francesco è stato tenuto a battesimo dal principe di Mantova, insieme alla consorte Margherita di Savoia, mentre nel 1611 i padrini per il secondogenito, Giovan Carlo, sono stati il cardinale Ferdinando Gonzaga e la regina di Francia Maria de’ Medici; il terzogenito Luigi, è stato portato al fonte battesimale da Luigi XIII e dalla sorella il 27 gennaio 1614.

Tristano_Martinelli,_Bigarello - Museo della Città, Palazzo di San Sebastiano

Il 4 gennaio 1618 “l’Arlecchino” Tristano Martinelli, acquista un mulino a Bigarello, non lontano da Castelbelforte, facendo incidere una lapide sulla quale si è fatto raffigurare come Arlecchino che, legato da una grossa catena alla sua proprietà, scaccia per sé e per la sua famiglia i tormenti della fame. Il carattere meta-contrada del mastino, quartiere san lorenzo, palazzo di san Sebastiano, arlecchino d’oro, fondazione teatrale della lapide rimanda in modo scoperto alla sua maschera, afflitta per antonomasia da questo atavico, insolubile problema. L’originale della lapide si trova a Mantova presso il Museo San Sebastiano (Museo della città).

Tristano Martinelli muore a Mantova, nella Contrada del Mastino, oggi quartiere San Leonardo, il 1° marzo 1630 «di febre et cataro in due giorni» (Arch. di Stato di Mantova, Registri necrologici, vol. 33, c. n.n.).

Proprio in ricordo di Tristano Martinelli, nel 1999 nasce a Mantova il PREMIO ARLECCHINO D’ORO ideato da Siro Ferrone e Umberto Artioli.

Da allora la Fondazione Mantova Capitale Europea dello Spettacolo – Fondazione Artioli, assegna ogni anno questo ambito premio a un artista italiano o straniero, che abbia saputo valorizzare le caratteristiche della mitica maschera: creatività fantasiosa e popolare, plurilinguismo, meticciato culturale, ecc.

Dario Fo vestito da Arlecchino

Il primo Arlecchino d’Oro è stato consegnato nel giugno del 1999 a DARIO FO con la seguente motivazione: «Per avere per primo riproposto sul palcoscenico la figura di Tristano Martinelli che, muovendo da Mantova, fu a Parigi il creatore della maschera immortale di Arlecchino. In un secolo di fantasmi religiosi, di guerre sanguinose, di imperialismi spietati e di intolleranza ideologica, Arlecchino, con l’arte umile del teatro, regala agli uomini la libertà del riso, della satira e dell’intelligenza. La sua ricchezza fantastica è il risultato di un lavoro artigianale basato sulla mescolanza delle differenze culturali, linguistiche e religiose».

Arlecchino - vita e avventure di Tristano Martinelli attore

Per chi fosse maggiormente interessato a scoprire alcuni retroscena del Martinelli, consigliamo il testo “Arlecchino. Vita e avventure di tristano Martinelli attore” (Ed. Laterza) di Siro Ferrone, professore ordinario di Storia del teatro e dello spettacolo alla Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Firenze. Dal 2001 è ideatore e direttore del progetto A.M.At.I. (Archivio Multimediale dell’Attore Italiano).

“Questo libro straordinariamente originale e piacevole alla lettura – spiega Marzia Pieri – scaturisce da un’intensa stagione critica appena alle nostre spalle che ha rimesso a fuoco il complesso e plurisecolare fenomeno della commedia dell’arte come uno dei miti fondativi dell’identità culturale italiana.

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Dopo aver studiato la drammaturgia e la geografia degli attori di mestiere (Attori mercanti corsari. La commedia dell’arte in Europa fra Cinque e Seicento Einaudi 1993) e averne ritrovato e pubblicato gli epistolari che ne documentano il concreto lavoro quotidiano e la trama delle relazioni e delle committenze (Corrispondenze Le Lettere 1993) l’autore ricostruisce qui l’avventura biografica e creativa di un grande protagonista delle origini quel Tristano Martinelli mantovano di Marcaria (1557-1630) che inventa Arlecchino e lo porta in giro per l’Europa conquistando il favore dei sovrani e l’ammirazione del pubblico con uno stile inimitabile mescolato di atletismo acrobatico grevità cerretanesche bagliori diabolici e irriverenza comica. Prima in società con il fratello Drusiano quindi aggregato alle principali compagnie fra Cinque e Seicento Tristano aggiorna lo Zanni bergamasco impersonato da tanti suoi oscuri compagni e se lo cuce addosso su misura per le proprie doti buffonesche facendone un personaggio assoluto come Amleto o Don Giovanni. Mercante di teatro esattore dei Gonzaga con un appalto sulle recite a Mantova spia e avventuriero l’attore intreccia la sua vita errabonda con la grande storia europea di guerre pestilenze e eresie e si consegna alla leggenda con audaci exploit cortigiani culminati nell’offerta al re di Francia nel 1601 di uno straordinario e derisorio non-libro (Les Compositions de Rhétorique) fatto di pagine bianche e di incisioni che ci tramandano la sua immagine scenica. L’autore ne riporta in luce l’identità pubblica e privata la formazione e lo stile recitativo intrecciando con sapienza e filologia documenti disparatissimi: un verbale di polizia di Anversa che ne registra il passaggio atti catastali e cancellereschi lettere testimonianze di contemporanei ma anche presenze sceniche conservate nelle commedie di Giovan Battista Andreini (l’attore drammaturgo di una generazione pi· giovane che già ne raccoglie la leggenda in forme scritte) e iconografiche di celebri dipinti e incisioni relativi alle tournée parigine dei comici Gelosi”.