LUCCIO IN SALSA ALLA MODA DEI GONZAGA

Nel 1509 Isabella d’Este invitava il marito Francesco Gonzaga a lasciare Mantova e a correre sul lago di Garda, per osservare le terre infinite che si vedevano all’orizzonte. E’ inevitabile che data la presenza di così antichi e autorevoli promotori e in considerazione della relativa distanza che separa Mantova dal lago (circa un’ora di strada) anche in cucina ci siano state mescolanze, copiature e assimilazioni.

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Questa antica ricetta ne è la prova

Lessiamo un luccio da 1 kg con cipolla, sedano, carota, foglia di alloro, 1 spicchio di aglio, 1 bicchiere di aceto, 1 di vino bianco e del sale.

Prepariamo un trito con capperi, 1 peperone e del prezzemolo.

In un tegame facciamo sciogliere 3 acciughe insieme a un filo d’olio, poi uniamo il trito e aggiungiamo mezzo bicchiere di aceto.

Aggiustiamo di sale e di pepe e lasciamo cuocere per 10 minuti a fuoco medio.

Una volta che il luccio è lessato, lo facciamo raffreddare e lo spolpiamo bene, eliminando la pelle e ogni lisca.

Lo disponiamo su un piatto di portata, grattugiamo la buccia di un limone sopra il pesce e versiamo anche la salsa che abbiamo preparato, ben calda e che lo ricopra tutto.

Lasciamo riposare per qualche ora e serviamolo con fette di polenta abbrustolita.


Cibo per la Mente

di Mendes Biondo

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Edizioni Libreria Croce cambia nome e presenta a battesimo le Edizioni Croce con una pubblicazione di tutto rispetto che va a scavare nelle radici della letteratura italiana a cavallo tra otto e novecento proponendo un testo della scrittrice e giornalista Matilde Serao.

L’autrice, incoronata dalla critica e blasonata con il riconoscimento del Nobel per la letteratura, scrive ne “L’anima semplice” le vicende della disgraziata Suor Giovanna della Croce, al secolo Luisa Bevilacqua, che si trova a dover fronteggiare la crisi della fede a causa di una disposizione dello Stato: le Sepolte Vive, ordine di strettissima clausura abbracciato dalla suora, vengono sciolte e abbandonate nella dura realtà mondana.

Suor Giovanna manca all’appello della vita da oramai diversi anni tanto da non essere più in grado di approcciarsi con i parenti, interessati a lei solo per la riscossione di un cospicuo assegno di mantenimento mai più ricevuto, così come le è difficile avvicinarsi ad una madre che ha appena dato vita al proprio figlio e si trova ad affrontare i dolori di una emorragia interna.

Lo stile asciutto e tipicamente giornalistico della Serao permette al lettore di avere una visione lucida e “super partes” nei confronti delle vicende raccontate; si troverà a parteggiare ora per la povera Sepolta Viva, quando i parenti serpenti busseranno alla porta della stanzetta affittatale in cambio di un servigio costante, ora per i personaggi carichi di rancori verso la religione per i fallimenti personali oppure per quelle figure femminili sprizzanti di vitalità e fortemente critici nei confronti della rigidità di Giovanna della Croce.

La Bevilacqua si vedrà piombare in un inferno in terra che ha sapori sempre più aspri man mano che il tempo passa e che le apre gli occhi sull’invisibilità di quel Dio per il quale aveva speso tante ore inginocchiata sulla Scala Santa o in religiosa orazione assieme alle sorelle.

“L’anima semplice” è sicuramente un testo che, all’epoca in cui vide le stampe, fu motivo di disaccordo nei confronti di una parte di lettori fortemente legati ad una morale cattolica che rasenta il bigottismo proprio per il suo carattere rivoluzionario, in primis per il fatto che a scriverlo fu una donna che si fece notare in un mondo fatto di soli uomini per le proprie idee e per le proprie scelte dal punto di vista sentimentale. Successivamente alla natura della propria autrice, la biografia letteraria di Suor Giovanna della Croce è un primo sasso lanciato, assieme a tanti altri in quel periodo, contro un moralismo bigotto e conservatore che preferiva rimettersi ad una divinità fittizia e mai del tutto sentita, piuttosto che affrontare i piccoli problemi quotidiani e di ciò ne sarà emblema quel famoso magistrato di cui ci narra la Serao nel romanzo che decise di compiere l’estremo gesto anziché prendere il coraggio a quattro mani e risolvere le beghe coniugali con la moglie.

La pazzia, la povertà, la malattia, l’avarizia del povero arricchito, l’insensibilità delle istituzioni statali nei confronti della religione tanto quanto quelle religiose (il Vescovo stesso non si prenderà la briga di aiutare le povere sorelle messe al portone da uno sghignazzante Ufficiale) sono tutte realtà che all’interno del monastero non riuscivano a penetrare. La clausura era l’unica salvezza per queste donne che avevano deciso di annullarsi completamente, di prevenire la morte in onore di una divinità tanto presente di fronte al crocifisso quanto distante nei lazzareti e nelle mura domestiche.

Il testo, oltre a presentarsi in una elegante veste grafica, è corredato da una preziosa introduzione a cura di Monica Cristina Storini, docente di Letteratura italiana alla Sapienza di Roma, che aiuta il lettore ad entrare nel mondo della Serao con tutte le informazioni necessarie per godere al meglio del romanzo.

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