FRANCESCO ZANARDI

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“IL SINDACO DEL PANE”

Nacque a Poggio Rusco, in provincia di Mantova, il 6 gennaio 1873, da famiglia benestante di tradizioni democratiche e garibaldine. Studiò prima a Poggio Rusco, in seguito a Mantova e nel 1891 a Bologna dove s’iscrisse all’Università e qui prese i primi contatti con l’ambiente socialista, in particolare con Genuzio Bentini, Tullio Murri e Ugo Lenzi.

Si laureò in Farmacia e successivamente in Chimica e farmacia. Fu sindaco di Poggio Rusco e contemporaneamente consigliere comunale a Bologna nel 1902 e successivamente, assessore all’igiene della giunta comunale guidata dal sindaco Enrico Golinelli. Fu anche vice presidente dell’amministrazione provinciale di Mantova tra il 1904 e il 1906.

La sua attività d’amministratore pubblico giunse all’apice nel giugno del 1914 quando si svolsero a Bologna le elezioni amministrative che per la prima volta portarono la sinistra al governo della città.

Per adempiere al motto elettorale “Pane e alfabeto” Francesco Zanardi fu sindaco designato dalla lista socialista con l’appoggio delle organizzazioni dei lavoratori. Il mandato elettorale s’interruppe con le sue dimissioni in quanto eletto deputato nel collegio di Bologna. Zanardi viene ricordato come il “sindaco del pane” perché promotore dell’Ente comunale di consumo che contribuì ad alleviare i disagi della popolazione durante il conflitto mondiale allora in corso.

La giunta Zanardi si prodigò molto anche per lo sviluppo delle istituzioni scolastiche. Rieletto deputato nel 1921, Zanardi fu più volte oggetto di aggressioni violente ordite da fascisti e perseguitato durante il regime. Allontanato da Bologna, prese dimora a Roma. Finita la guerra, tornò a Bologna dove nelle elezioni del 1946 Francesco Zanardi venne eletto all’Assemblea Costituente e nel 1948 fu designato senatore a vita.

GLI ANNI DEL CONFINO A SANT’ANTONIO MANTOVANO 1938-1940

(testo e foto di Guido Zanardi, nipote di Francesco Zanardi)

Francesco Zanardi nasce a Poggio Rusco in provincia di Mantova nel 1873 e già nel 1894, a 21 anni, la Questura di Mantova lo tiene d’occhio e scrive di lui: “è un accanito propagatore di idee socialiste in pubbliche conferenze e in forma privata“. Da quegli anni fu sempre sorvegliato politico…

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IL PERIODO FASCISTA

Un ispettore dell’OVRA, la polizia politica, scrive il 12 dicembre 1937: “Zanardi era solito assumere atteggiamenti di denigratore del regime e della nostra politica internazionale, egli ha qui uno stuolo di amici e di ex compagni di fede e con la scaltrezza che gli è propria, tesse discorsi contro il Fascismo; si impongono misure per impedire che Zanardi possa ravvivare i contatti con i suoi compagni di fede.”

Il 13 febbraio 1938 il prefetto scrive al ministro degli Interni: “Zanardi si fece notare a commentare con velenosa acredine la politica del Regime, ironizzando i provvedimenti del governo, insinuando notizie false e tendenziose sulla situazione politica internazionale”.

Concludeva: “per togliere questo sconcio elemento dall’ambiente borghese e per prevenire una più che giustificata azione di partito, riterrei opportuno che egli fosse assegnato al confino di polizia…”

L’ARRESTO

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Il 17 febbraio 1938, Francesco aveva 65 anni, venne arrestato a Bologna e il 24 febbraio assegnato per 5 anni a Cava dei Tirreni in provincia di Salerno per: “avere svolta attività politica contrastante con gli ordinamenti del Regime Fascista”. Lo seguirà sua moglie Angiolina Rizzi. Di questo periodo non abbiamo informazioni specifiche, ma Francesco aveva un asso nella manica da giocare per riuscire ad evitare un esilio così lontano, la sua conoscenza più che trentennale con Ivanoe Bonomi, socialista mantovano di Volta Mantovana ed ex presidente del consiglio prima dell’avvento di Mussolini.

Bonomi

Bonomi, con la sua influenza politica, riuscì a fare ottenere a Zanardi l’avvicinamento a Sant’Antonio di Porto Mantovano dal 29 giugno 1938.

SANT’ANTONIO

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La madre Elvira Tognetti era morta 12 anni prima, nel 1926, e Francesco aveva ereditato una buona parte del cospicuo patrimonio materno composto principalmente da immobili e terreni. A Sant’Antonio inoltre viveva la famiglia dell’unico fratello rimastogli, Guido Zanardi, agricoltore e imprenditore distillatore. Francesco arrivò a Sant’Antonio in treno da Cava dei Tirreni l’8 luglio 1938 e scese nell’antica stazione in stile austro ungarico che in quegli anni ancora era visibile.

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Nella piazza della stazione aveva il suo palazzo e dimorò in quegli anni in una stanza al primo piano.

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Francesco era proprietario di altri immobili residenziali nel circondario e, visti i suoi numerosi impegni quando ancora svolgeva attività politica, aveva delegato per la gestione delle affittanze sua cognata Adelaide, moglie di Guido, mio nonno. Adelaide, alla scadenza dei contratti d’affitto, chiedeva a Francesco se poteva alzare un po’ i canoni visto che erano passati numerosi anni, ma Francesco non era d’accordo perché diceva che era tutta povera gente, andava aiutata, era gente che non si poteva permettere di spendere troppo denaro.

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LA DISTILLERIA

Il fratello Guido, già prima del 1925, nella sua corte agricola inizia la distillazione delle vinacce per ottenere grappa e la commercializza.

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Francesco, seppure al confino, non riusciva a stare inattivo, così elabora nella distilleria di Guido le tecniche per la produzione del tartrato di calcio, un derivato della lavorazione dell’uva. Ricordiamo che Francesco era un chimico farmacista. Per la sua bontà e generosità Francesco, insegna alla cognata Adelaide, tutti i segreti e il modo di procedere per produrre numerosi liquori che ottennero successo commerciale fino al 1975, anno della chiusura della distilleria. Negli anni di massima attività impiegò anche 40 dipendenti e vendette alcol puro anche a marchi importanti come Stock e Rosso Antico.

Francesco, per poter cenare con suo fratello e i suoi parenti che abitavano a 200 metri dalla sua residenza, doveva chiedere il premesso al prefetto per il rientro ritardato alle 21:00.

LE FREQUENTAZIONI

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Francesco, in un paesino di 2.000 persone come Sant’Antonio, in quegli anni si sentiva veramente un leone in gabbia, anche se non più giovane. Scrive che si sente tornato nel medioevo agricolo della pianura padana, dopo avere vissuto per così tanti anni a Bologna e a Roma. Per motivi di polizia non poteva neppure entrare nell’osteria del paese a bere una birra, cosa che fece sedendosi d’estate in un tavolino all’aperto, ma venne subito diffidato dagli organi di sorveglianza.

M.Zanardi

Il fratello Guido aveva due figli, Mario, mio padre, di 20 anni, e Libero, di 13. Mio padre Mario mi raccontava che in macchina portava lo zio Francesco in Questura a Mantova per l’obbligo di firma del confino politico. Il controllo di polizia non gli ha impedito però di recarsi di nascosto a Volta Mantovana dal suo amico e compagno politico socialista riformista, Ivanoe Bonomi, che era stato presidente del consiglio dal 1921 al 1922, anni durante i quali Francesco era in Parlamento. Fortunatamente non fu mai intercettato in questi suoi spostamenti; in quegli anni di inattività politica Ivanoe Bonomi si interessava di studi storici.

LE LETTERE INTERCETTATE

Le missive che Francesco inviava dovevano essere tutte consegnate aperte negli uffici del podestà di Porto Mantovano. Alcune volte Francesco ha provato ad imbucare direttamente alcune lettere chiuse ed è stato intercettato; per i contenuti delle lettere che sono stati giudicati “politicamente preoccupanti” si dovette recare in Questura per un interrogatorio. Una di queste lettere inviata ad un amico di partito contiene molti contenuti intimi autobiografici e fa trasparire i suoi sentimenti di quei momenti e la sua visione dell’etica politica:

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POGGIO RUSCO

Nel 1939 chiede il trasferimento del confino presso la sua casa di Poggio Rusco e li si trasferisce nel settembre 1940.

LA VENDITA DEI BENI

I suoi beni immobili che abbiamo visto a Porto Mantovano furono oggetto di una tentata vendita sul mercato. Francesco voleva monetizzare il capitale per inviare il denaro ai fuoriusciti socialisti in Francia. La sua generosità era grande, per alleviare le sofferenze dei compagni soli e senza sostentamento in uno stato straniero; tra questi Sandro Pertini. Non conosco esattamente l’anno, ma mio padre Mario venne a sapere di questa intenzione e acquistò lui alla fine questi edifici che rimasero di proprietà comunque Zanardi fino ai giorni nostri.

Porto Mantovano, lì 30/03/2016