SÙGOLO MANTOVANO (Budino d’uva)

Il sùgolo è una sorta di budino di origini antichissime della vita contadina che solitamente si prepara nel periodo della vendemmia usando il mosto pigiato legato con la farina, le ricette recenti prevedono spesso anche l’aggiunta di ulteriore zucchero oltre a quello dell’uva stessa.

Un tempo era una prelibatezza come prima colazione o merenda o dolce di fine pasto e veniva gustato da solo, o con il pane o come accompagnamento della torta sbrisolona.

sugolo

Il SÙGOLO si prepara con il mosto di uva bianca o rossa (soprattutto quello del Lambrusco). Per ogni bicchiere di mosto, necessita un cucchiaio colmo di farina bianca.

Si scioglie molto bene la farina nel mosto e si cuoce a fuoco lento, come se fosse un budino.
Si toglie dal fuoco quando il composto è diventato denso e cremoso ed è scomparso il gusto della farina cruda.

Si versa  e si lascia raffreddare in tazze o coppette o in una zuppiera.

Altro modo di preparare il sùgolo consiste nel mettere a fuoco una certa quantità di grani d’uva bianca o rossa, precedentemente schiacciati con le mani. Far bollire per una decina di minuti e colare il mosto bollito. Con la quantità che ne sarà risultata si procede come con la ricetta precedente.

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LETTERA DEL MEDICO FELICE OTTONI IN LODE DEL SÙGOLO

Ill.mo Sig. Conte Chieppio Padrone mio.

Ha ella mai veduto Macaretto in collera. Tal era io ieri sera quando
scappato da scuola sì che ho potuto, quasi mi è convenuto finalmente
mandare al diavolo che il porti il sussidio forzoso, doppo havere,
non è molto, pagato 1’altro volontario. Era cred’ io, più rosso in volto
che non è Monsù Alfonso, se non quasi più gialo che non è il Conte
Amigoni, e più bavoso della Trulla.

Con tutto ciò, che fò, io dissi tra me, collera o no egli è tutt’uno.

Meglio è fare di necessità virtù, e tanto tanto valca donartelo, disse
colui al ladro che gli haveva tolto il feraiuolo. Quindi cacciato mi
con disinvoltura in cucina cricai co’ diti due volte o tre ed … olà
donne, che si fa qui, diss’ io, che si fa qui 1 Sùgolo disse una, sùgolo
replicò l’altra, sùgolo sogiunse la terza e in fatti, se bene dal dimenar
che: L,ceva la massara una canella dentro a un caldaro havea io alla
prima interpretata polenta, dal mirar poi graspe di qua, tamiggio di
là, ed una truppa in fila di scodelle su la tavola, conobbi che egli era
sùgolo quel che facevansi. Poh; benedetti, dissi tra me, i nostr’antichi,
benedette le nostre none cui venne in pensiero così bella invenzione.

lo giurerei che nient’ altro era il nettare de gli dei, che un licor tale,
licor se non divino almen di mosto, che è finalmente vino in potenzia.
Egli è lo elisir vite senza dittongo. Egli nella farina rappresenta la
madre Eva, nel ITlOstO il padre Adamo, principii ambedue di tutti i
viventi, come pane e vino sono i principali tra tutti i nodrimenti. Egli
la medicina universale per tutti i mali e malanni …

Onde è mai che componendosi il sùgolo di mosto, sostanza piena
di quanti spiriti che ubriacano i sovverchi bevitori, il sùgolo però
non ubriaca mai per molto e molto che se ne prenda. La ragione è
che egli è un misto perfetto, gli spiriti, parti volatili, sono perfetta-
mente in esso mescolati co’ le parti viscose e tegnenti, sicché non
puonno que Francesetti grillosi scompagnarsi da quei gran Spagnuoli
trà quali sono ripartiti; non così avviene nel vino dove, stando senza
disciplina quali ora lo stomaco, che è il 101′ quartier, gli scalda, spie-
cansi tosto di colà a truppe e fanno nella testa, che è la provincia della

ragione, mattissime scorrerie; quindi traesi il gran merito che ha nella
manipolazione del sùgolo quella canella, et il tanto menarlo che fassi
quando ei componesi, meschiansi tra di loro a minimo per minimo
gli ingredienti e da cotal impastatura stringonsi essi tra loro in buona
amicizia, anzi alterati dal calore del fuoco si uniscono talmente che
diventano un unum quid; ed in ciò appunto consiste la perfezione del misto.

Composizione magistrale di tale eccellenza troppo monterebbe che
si smarrisse, quindi honni presa cura di stenderla in ricetta che tra-
smetto a V. S. Ill.ma assieme col modo di usarla, e virtù della medesima.

Spero vorrà manipolarsene qualche vaso, il che seguendo, e capi-
tando io costà, come disegno, con mia semplice volata, La visitarò,
esarninarò e saggiarò, anzi lascierolle la patente facoltativa per la
distribuzione da Iarsene a di Lei arbitrio.

Fò riverenza alla Sig.ra D. Anna Sua, e mi creda di V. S. Ill.ma

Dev.mo obbligo
F. Ottoni

Mantova 26 7bre 169I.

(Archivio Chieppio – d’Arco, busta 38, fasc. 1686-1695, n. 15.)

(Tratto da Ricette della tradizione mantovana)

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