NOI CONTRO LE MAFIE, incontro con GIUSEPPE ANTOCI – Istituto Alcide Cervi di CAMPEGINE

Giuseppe Antoci, ex presidente del Parco regionale dei Nebrodi, in Sicilia, e presidente onorario della fondazione anti mafia ‘Antonino Caponnetto’, sarà venerdì 3 febbraio alle ore 21:00 a Campegine (RE) presso l’Istituto “Alcide Cervi” in via Fratelli Cervi 9, per presentare il libro ‘La mafia dei pascoli’. Conduce il giornalista Pierluigi Senatore.

Giuseppe Antoci lega il suo nome al protocollo che ha permesso di bloccare gli affari della cosiddetta ‘mafia dei pascoli’, sfociata in una maxi indagine che portò all’arresto di 94 persone e al sequestro di 151 aziende agricole. Si tratta del più importante processo sulle truffe agricole milionarie all’Agenzia per le erogazioni in agricoltura (Agea) e alla Ue, con l’aggravante mafiosa. Un enorme affare per le cosche siciliane, che supera il miliardo e mezzo di euro. Cosche legate ai Santapaola-Ercolano, Batanasi e Bontempo-Scavo.

Gli imprenditori mafiosi dichiaravano falsamente di essere in possesso di terreni con affitto, tra cui una ventina di terreni comunali in Abruzzo e addirittura un pezzo del Muos, la base di comunicazioni satellitari Usa a Niscemi. Per poi incassare i fondi europei destinati a pascolo e seminativo. Trucchi per tentare di aggirare il ‘Protocollo Antoci’, che era intervenuto per bloccare un sistema che aveva permesso perfino a Gaetano Riina, fratello di Totò, di incassare i fondi europei, così come altri capimafia, perfino a chi era in carcere al 41 bis. Bastava un’autocertificazione antimafia e nessuno controllava. Il 18 marzo 2015, su iniziativa di Antoci, viene firmato tra il Parco dei Nebrodi, la prefettura di Messina, la Regione Sicilia e 24 comuni, un Protocollo che tra l’altro prevede l’obbligo di una vera certificazione antimafia. Nel 2016 viene adottato da tutti i prefetti della Sicilia. Il 27 settembre 2017 diventa norma nazionale inserita nel nuovo Codice antimafia. Nella notte tra il 17 e il 18 maggio 2016, Antoci, sotto scorta dal 2014 dopo varie minacce, subisce un grave attentato e si salva solo grazie all’auto blindata e all’intervento dei poliziotti di scorta.

Il suo lavoro ha permesso di scoperchiare un sistema in cui i boss riuscivano inspiegabilmente ad affittare tanti ettari di terreno nel Parco dei Nebrodi, terrorizzando allevatori e agricoltori onesti, lasciandoli incolti per poi incassare i contributi dell’Unione Europea perfino attraverso ‘regolari’ bonifici bancari. Un meccanismo perverso che si perpetuava di famiglia in famiglia e faceva guadagnare somme impensabili. Un affare che si aggirerebbe, solo in Sicilia, in circa tre miliardi di euro potenziali negli ultimi 10 anni. E nessuno vedeva o denunciava, prima di Antoci, diventato un simbolo della lotta alla mafia.

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