Un ragazzo aiuto cuoco viene bullizzato dal proprietario di un ristorante che allea attorno a sé anche tutti gli altri lavoratori, un altro non può avere le ferie per il giorno della sua unione civile perché è concesso solo per i matrimoni dei dipendenti etero, un’altra è talmente emarginata dai colleghi da essere spinta a rinunciare al lavoro.
Sono alcune delle storie riportate da chi ha partecipato all’indagine promossa dalla Regione e rivolta alle persone LGBTQI+ per analizzare il fenomeno, spesso sommerso, delle discriminazioni e violenze determinate dall’orientamento sessuale e dall’identità di genere. Un’indagine importante, il cui esito arriva proprio a ridosso del 17 maggio, Giornata internazionale contro l’omofobia, la bifobia, la transfobia, il cui obiettivo è quello di promuovere e coordinare eventi internazionali di sensibilizzazione e prevenzione per contrastare questi fenomeni.
Una persona su cinque ha dichiarato di aver subito aggressioni fisiche motivate da orientamento sessuale o identità di genere, una su due di aver ricevuto minacce o insulti e otto su dieci sono state calunniate o derise.
L’indagine si basa su 1.053 questionari proposti a persone LGBTQI+ (tra il 15 luglio e il 9 ottobre scorsi). Il 98,2% di chi ha risposto al questionario è di nazionalità italiana e l’88% sono residenti in Emilia-Romagna. Con un’età compresa tra i 13 e i 72 anni, nella quasi totalità dei casi, il 99,2%, sono domiciliati nella nostra regione: il 53,9% residenti nei Comuni capoluogo e il 45,7% in provincia.
Dai questionari è emersa un’alta scolarizzazione per circa il 94% delle persone: con il 14,1 % di persone con formazione post-laurea, il 40,6% con laurea e il 39,4% con diploma di scuola media superiore.
Le persone che si sentono discriminate solo in ambito lavorativo sono il 20%, una percentuale che cresce al 24,8% di chi rinuncia a proporsi per un lavoro. Si stima che chi non denuncia rappresenti una forchetta che va dal 44 al 56% del campione. Circa la metà di coloro che cercano aiuto dopo un episodio di vittimizzazione lo fa parlandone con amici e familiari.
L’indagine, realizzata da Luca Trappolin e Paolo Gusmeroli, del Dipartimento di Filosofia, Sociologia, Pedagogia e Psicologia applicata (FISPPA) dell’Università degli Studi di Padova, fornisce un quadro quantitativamente importante e qualitativamente molto eterogeneo, anche in termini di definizione delle identità, gettando luce sulle diverse forme di violenza e di discriminazione.
“Conoscere e approfondire i problemi- spiega l’assessora regionale alle Pari opportunità, Barbara Lori-, è il primo passo per mettere in campo politiche efficaci contro le discriminazioni determinate dall’orientamento sessuale, come previsto dalla legge regionale numero 15 del 2019. Da qui l’iniziativa dell’indagine, che fornisce un primo spaccato del mondo LGBTQI+, e ringrazio le associazioni per la collaborazione fornita per mettere a punto il questionario e chi ha partecipato”.
“Formazione, informazione e inclusione sembrano essere le chiavi per affrontare i problemi evidenziati- aggiunge l’assessora-. A partire dai dati raccolti stiamo lavorando per sviluppare percorsi di formazione su identità di genere e orientamento sessuale rivolti in particolare ai professionisti e alle professioniste dei servizi sociali e sanitari, in una logica di sviluppo delle competenze. Contiamo poi di sensibilizzare e coinvolgere i sindacati e le associazioni di categoria per progettare insieme azioni di contrasto alle discriminazioni e alle violenze determinate da orientamento sessuale e identità di genere sui luoghi di lavoro, anche attraverso il coinvolgimento del Tavolo permanente per le politiche di genere”.
“I risultati acquisiti dalla ricerca sono molto rilevanti e contribuiscono a colmare il vuoto conoscitivo su questi temi che segna l’Italia- affermano i sociologi Luca Trappolin e Paolo Gusmeroli, dell’Università di Padova-. In particolare, segnaliamo l’importanza di aver arricchito i dati dei questionari contestualizzandoli nel racconto sulla violenza e la discriminazione che ci è stato consegnato dalle molte interviste in profondità raccolte”.
La ricerca, infatti, oltre che sui dati del questionario, si basa anche su una serie di interviste in profondità ad associazioni LGBTQI+ e a componenti del Tavolo tecnico con funzioni di Osservatorio regionale (leggi regionali 15/2019 e 6/2014).
L’indagine
La ricerca si è svolta nel biennio 2021-2022, prima attraverso interviste in profondità e poi con un questionario on line, disponibile sul sito Parità della Regione tra il 15 luglio e il 9 ottobre 2022, e diffuso in collaborazione con le associazioni LGBTQI+ dell’Emilia-Romagna. Rientra nell’ambito di una collaborazione che la Regione ha avviato nel 2021 con il Dipartimento di Filosofia, Sociologia, Pedagogia e Psicologia applicata (FISPPA) dell’Università degli Studi di Padova.
Dei 1.053 questionari validi, il 47% è stato compilato da uomini (l’87,7% dei quali si definisce gay, l’8,1% bisessuale, mentre il 4,1% dichiara altre autodefinizioni); il 38,7 % da donne (il 56,7% delle quali si dichiara lesbica, il 25,6% bisessuale, mentre la percentuale che opta per altre definizioni è del 17,2%). Il 14,3% dei questionari validi raccolti fa riferimento a persone che si definiscono trans/non binarie (né maschili, né femminili).
Una persona su cinque (19,9%) afferma di aver subito, nel corso della propria vita, aggressioni fisiche motivate da orientamento sessuale o identità di genere; un terzo di questi (34,8%) afferma di averle subite «più volte» o «spesso».
Aggregando le derisioni/calunnie subite online e offline risulta che i soggetti che ne sono stati colpiti sono quasi otto su dieci (810 unità, ovvero il 77,1%).
Rispetto ai processi di esclusione, la non frequentazione di spazi pubblici considerati pericolosi emerge con la frequenza più elevata, riguardando due persone su tre (65%).
Le esclusioni in ambito lavorativo
Le persone che si sentono discriminate in ambito lavorativo sono il 20% di chi ha risposto al questionario, maggiormente quelle in fascia di età adulta (32-41 anni) e matura (dai 42 anni in su), una percentuale che cresce al 24, 8% per chi rinuncia a proporsi per un lavoro, soprattutto nella fascia di età dai 25 ai 41 anni.
In merito ai servizi per la salute
Circa l’80% ha dichiarato che non gli è mai capitato di sentirsi male accolto accedendo ai servizi sanitari territoriali, ma vengono segnalati alcuni episodi in cui emerge “poca formazione del personale nel gestire casi di utente con documenti non conformi al suo aspetto fisico”, “scarsa sensibilità del personale sanitario che spesso e volentieri fa Outing davanti ad altri pazienti”; imbarazzo del personale medico, che dà per scontata l’eterosessualità, e “disinteresse a ricomprendere le informazioni relative all’orientamento sessuale nel rapporto medico/paziente”.
Le reti di supporto
Circa la metà di coloro che cercano supporto dopo un episodio di vittimizzazione si rivolge alle proprie reti amicali e familiari.
Dal report emerge una rete capillare attiva sul territorio, impegnata soprattutto in azioni di supporto psicologico, relazionale e legale, ma anche nella sensibilizzazione culturale.
È possibile stimare la quota di mancata denuncia alle forze dell’ordine o ad associazioni degli episodi di vittimizzazione con una percentuale dal 43,9% (462 persone) al 55,9% dell’intero campione (589 persone).
L’impegno della Regione
In Emilia-Romagna è attivo dal 2021 un tavolo tecnico con funzioni di Osservatorio, previsto dalla “Legge regionale contro le discriminazioni e le violenze determinate dall’orientamento sessuale o dall’identità di genere” (L.R. 15/2019). Composto da 34 persone – in rappresentanza dell’Agenzia regionale del lavoro, dell’Ufficio scolastico regionale, dei diversi servizi regionali e comunali, oltre alle associazioni LGBTQI+ – il tavolo ha tre compiti: raccogliere dati, monitorare i fenomeni di violenza ed elaborare buone prassi.