FESTA DEL PAPÀ TRA SACRO E PROFANO

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La FESTA DEL PAPÀ è una ricorrenza diffusa in tutto il mondo. In molti Paesi di tradizione religiosa cattolica la festa viene celebrata il 19 marzo, giorno associato dalla Chiesa a san Giuseppe padre putativo di Gesù Cristo e patrono degli artigiani. Nel Martirologio Romano, 19 marzo, n. 1: «Solennità di San Giuseppe, sposo della beata Vergine Maria: uomo giusto, nato dalla stirpe di Davide, fece da padre al Figlio di Dio Gesù Cristo, che volle essere chiamato figlio di Giuseppe ed essergli sottomesso come un figlio al padre. La Chiesa con speciale onore lo venera come patrono, posto dal Signore a custodia della sua famiglia».

La festa del papà (o del babbo), come la intendiamo oggi, nasce nei primi decenni del Ventesimo secolo, complementare alla festa della mamma per festeggiare la paternità e i padri in generale e viene celebrata in varie date in tutto il mondo, spesso è accompagnata dalla consegna di un regalo al proprio babbo.

San Giuseppe, in quanto archetipo del padre, nella tradizione popolare protegge anche gli orfani, le giovani nubili e i più sfortunati. In accordo con ciò, in alcune zone della Sicilia, il 19 marzo è tradizione invitare i poveri a pranzo. In altre aree la festa coincide con la festa di fine inverno: come riti propiziatori, si brucia l’incolto sui campi da lavorare e sulle piazze si accendono falò da superare con un balzo.

Il dolce tipico della festa ha varianti regionali ma per lo più a base di creme e/o marmellate, con impasto simile a quelle dei bignè o dei kraphen; a Roma ad esempio sono chiamati Bignè di San Giuseppe e vengono tradizionalmente preparati fritti, sebbene attualmente sia diffusa anche la cottura al forno.

Esemplare è il dolce napoletano, che prende il nome di zeppola di San Giuseppe. Secondo la tradizione, infatti, dopo la fuga in Egitto, con Maria e Gesù, san Giuseppe dovette vendere frittelle per poter mantenere la famiglia in terra straniera. In Toscana e in Umbria è diffuso come dolce tipico la frittella di riso, preparata con riso cotto nel latte e aromatizzato con spezie e liquori e poi fritta.

Nell’Italia del nord, invece, dolce tipico della festività è la raviola (piccolo involucro di pasta frolla o pasta di ciambella richiuso sopra una cucchiaiata di marmellata, crema o altro ripieno, poi cotta al forno o fritta). A Trebbo di Reno, in provincia di Bologna, si tiene ogni anno nella terza domenica del mese di marzo, la tradizionale e multicentenaria “Festa della raviola” che prevede sia riti religiosi, sia altre manifestazioni che richiamano al paese parenti, visitatori e turisti. In alcune regioni del centro Italia (soprattutto Toscana, Umbria e Lazio) sono diffusi dei dolcetti, sempre fritti, a base di riso cotto nel latte a cui si aggiungono a piacere vin santo, uva passa o canditi e che vengono chiamati frittelle.

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Nella storia: La grida reca il titolo «Per fare l’offerta il giorno di Santo Ioseffo» e la sola indicazione dell’anno 1541. Gli estremi 1 e 17 marzo corrispondono alle date della grida precedente e di quella seguente. Cfr. A716, A722.

Il defunto Duca di Mantova aveva concesso ai frati di San Barnaba, con mandato del 23 febbraio 1536 e a partire dal 16 marzo 153, di celebrare la festa di San Giuseppe con messa e processione e la partecipazione di tutte le Arti della città, al fine di sovvenzionare il loro monastero attraverso il ricavo delle offerte. L’usanza è infatti in vigore da tempo anche nella chiesa del Carmine per la festa dell’Annunciazione. I Reggenti di Mantova intendono proseguire la tradizione ed esortano con pubblica grida le Arti cittadine a partecipare con i loro palii alla messa e alla processione in San Barnaba nonché a elargire le debite offerte per il monastero. (Mantova, Archivio di Stato – Archivio Gonzaga)

 

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