Dopo che Times Square a New York è diventata una galleria a cielo aperto di crypto art, l’artista Salvatore Garau, recentemente balzato sui media di tutto il mondo per la vendita all’asta a diverse migliaia di euro di due sculture immateriali, prende posizione chiedendo agli stessi artisti di fare un’azione rivoluzionaria e provocatoria, rinunciare a produrre NFT (Non-fungible tocken), ovvero asset digitali che hanno un impatto ambientale enorme.
“Finché non si trova una soluzione meno impattante per l’ambiente a causa della produzione di NFT, dovremmo fermarci e prendere una pausa di riflessione in questa corsa devastante” – afferma Garau – “E’ una questione etica. L’Arte è il territorio dove l’artista non può avere limiti alla libertà di espressione: questo è certo! Senza entrare nel merito della qualità artistica o speculativa degli NFT, una domanda comunque io la pongo: perché anche gli artisti contribuiscono all’inquinamento del pianeta con la produzione di milioni di NFT?”
Le tante ricerche effettuate, tra cui quella dell’artista computazionale, ingegnere e ricercatore Memo Akten, hanno rivelato che il “carbon footprint” di un solo NFT sul sito di scambi SuperRare produce un consumo pari a 211 kg di Co2, ovvero l’equivalente di un viaggio in macchina per mille chilometri.
“L’Arte dovrebbe educare a scelte sostenibili. Il mercato degli NFT è un mercato energivoro che contribuisce a mandare l’ecosistema al collasso” – continua Salvatore Garau, da oltre quarant’anni scultore e pittore – “Continuerò sempre a dipingere, ovviamente, ma tra i tanti motivi che durante la pandemia hanno ispirato le mie opere immateriali e invisibili c’è anche la volontà di prendere una posizione netta contro gli NFT. La mia etica me lo impone. Ecco perché non produrrò mai un NFT. Una decisione drastica, oltre che poetica, contro la follia che si sta mettendo in atto”.