MATERIA E GEOMETRIA: LA MOSTRA DI 10 ARTISTI CONTEMPORANEI ALLA GALLERIA ARIANNA SARTORI DI MANTOVA

La Galleria d’Arte “Arianna Sartori Arte e Object Design” di via Cappello 17 a Mantova ha presentato l’evento artistico “MATERIA E GEOMETRIA. L’istinto e la ragione” finalizzato a condividere, con dieci artisti operanti tra l’Umbria, il Lazio, la Campania e la Puglia, le poetiche comuni tra l’Informale e l’Astrattismo Geometrico. La mostra rimane allestita fino a giovedì 25 marzo 2021.

La rassegna raccoglie le opere di: – Pippo Cosenza (Perugia), Giuseppe Cotroneo (Benevento), Carmine Di Ruggiero (Napoli); Donato Izzo (Roma), Mario Lanzione (Benevento), Fabio Mariacci (Città di Castello), Achille Quadrini (Frosinone), Myriam Risola (Bari), Antonio Salzano (Nocera Superiore), Matteo Sarro (Benevento).

Istinto e ragione: una logica di continuità esistenziale

di Andrea Baffoni

È incontestabile che lo spirito
si oppone innanzitutto alla materia

Henri Bergson

Nel 1896, Henri Bergson dava alle stampe il libro Materia e memoria: saggio sulla relazione tra il corpo e lo spirito, dove analizzava il rapporto tra le componenti fisiche e quelle di pensiero, in virtù di una possibile identificazione del processo creativo come effetto di una tensione irrisolvibile, la cui ultima espletazione veniva indicata nella nascita dell’opera d’arte. Il filosofo, in verità, pubblicò ben sette edizioni del saggio, fino al 1911, ogni volta ampliandolo di nuove intuizioni. E non sembra casuale, se si pensa alla mole di trasformazioni cui poté assistere dal suo “osservatorio” francese.

In quel 1896 Parigi era, infatti, al centro di cambiamenti epocali: dal post-impressionismo al simbolismo, dall’Art Nouveau alle esposizioni universali, tutto accadeva a velocità mai viste prima e la conoscenza si ampliava su differenti livelli. La scienza irrompeva prepotentemente nella vita quotidiana, spingendo la visione dei creativi oltre i limiti del conoscibile. E non si trattò di maturare una strada a senso unico verso la razionalità, al contrario, più la scienza risolveva questioni concrete, più la fantasia andava a immergersi nei territori dell’assurdo. Non fu un caso se Helena Blavatsky, prima, e Rudolf Steiner, poi, condizionarono molte delle ricerche avanguardiste d’inizio Novecento. Primo fra tutti il Futurismo, movimento che più guardava alla tecnologia, ma che al tempo stesso esprimeva contenuti esistenziali al limite della metafisica e imbevuti di conoscenze esoteriche. Non furono, in questo senso, un caso nemmeno i romanzi di Verne o le fantasticherie aliene di Lovecraft.

Su tali basi si innescò la rivoluzione astrattista del Novecento e non staremo certo qui a ripercorrere una storia ben nota, ma piuttosto sarà bene interrogarsi sul senso di certe problematiche, apparentemente anacronistiche, e della loro persistenza in questo inizio millennio. Dobbiamo farlo, perché da più parti si ritiene ormai esaurita la spinta astrattista e del resto, ad un primo approccio, tale posizione sembra corretta: dopo le teorizzazioni di Kandinskij e Klee, dopo il Suprematismo di Malevič, il Costruttivismo russo e il Neoplasticismo olandese, dopo Mondrian, dopo la ripresa astrattista degli anni Cinquanta, dopo Forma 1 a Roma e l’“astrattismo classico” in Toscana, dopo l’informale in Europa e l’Espressionismo astratto in America, dopo Schifano e i monocromi, l’azzeramento della pittura e la sua ripresa e oggi, di fronte al web, alle esperienze di video-art, arte robotica, espressività multimediali; dopo tutto questo, cosa può ancora dire l’astrattismo che non abbia già detto?

In un mio recente saggio affermavo che “l’opera d’arte non è l’oggetto” (Risonanze luminose, 2019-2020) e ne sono convinto, proprio in virtù di Bergson, ma anche di Michelangelo o Duchamp, o delle popolazioni tribali o delle antiche pitture rupestri. L’essere umano si muove tra la logica e i suoi innumerevoli contrari. Per ogni creatura, animale o vegetale, il vivere è semplice, dettato dall’istinto, sottoposto a pochissime regole di sopravvivenza e mantenimento della specie. Ma non per il genere umano che ai cinque sensi canonici vede aggiungersene uno del tutto speciale: il senso estetico.

Questo ci permette di prendere coscienza del luogo in cui viviamo attraverso la ragione e una certa idea di bellezza, dominarne le complessità e comprenderne i meccanismi. Ma non appena ciò accade, nello stesso istante, per istinto siamo portati a superare tali conoscenze entrando nel campo dell’immaginazione. Un luogo estraneo ad ogni luogo. L’approdo irrinunciabile di un territorio astratto, distante (pur essendone parte) dal reale.

Oggi un nucleo di artisti si ritrova apparentato in virtù di questa comune consapevolezza: Lanzione, Cotroneo, Salzano, già esponenti del Gruppo Astrattismo Totale nato a Benevento nel 2012, ai quali si accostano Cosenza, Di Ruggiero, Izzo, Mariacci, Quadrini, Risola, Sarro.

Sono tutti astrattisti e tutti pittori, ma non solo, perché non ingabbiati nel lessico stereotipato della tecnica e altresì liberi di sperimentare molti altri linguaggi, come l’eclettismo contemporaneo impone. E in questa indipendenza intellettuale hanno trovato comune dialogo nella riflessione sul rapporto tra istinto e ragione, per certi aspetti assolvendo a un compito che da sempre l’artista incarna: essere un libero narratore del genere umano. E in questa narrazione s’inserisce la questione di cui sopra, un tema affatto scontato, perché se è vero che il Novecento ha affrontato molti aspetti dell’arte astratta è pur vero che questi non possono esaurirsi in se stessi ma, proprio in virtù di quell’istinto, proseguire sulla strada della riflessione.

Dunque il senso contemporaneo di un’indagine pittorica sull’astrazione ci collega proprio a quella considerazione iniziale di Bergson, e come per il filosofo si rese necessario rimettere mano più volte al proprio scritto, similmente, nel processo conoscitivo del genere umano, la parola fine potrà essere scritta solo con la sua stessa fine. E così l’arte, in quanto espressione spontanea, rivela al proprio interno contenuti inediti e ogni volta riconducibili all’epoca in cui emerge.

L’indagine su “materia e geometria”, anch’essa da ricondurre alla nascita del Gruppo Astrattismo Totale, s’innesta nell’ambito di un’analisi ad ampio spettro. Non basta cioè ricondurre tutto a uno spontaneo desiderio creativo, vale piuttosto la pena, a mio avviso, riferirla a quel sogno largamente caldeggiato da scienziati e alchimisti di poter creare ad arte la vita stessa. Esattamente un secolo fa, irrompeva nel lessico popolare il termine “robot”. Nasceva con l’opera teatrale R.U.R. Rossum’s Universal Robots, scritta dal drammaturgo Karel Čapek e in scena nel 1921 a Praga e poi in giro per l’Europa e il mondo. Robot deriva da “robota”, lavoratore forzato, e già allora suggeriva un grido di allarme per i rischi a cui l’umanità si stava avvicinando. Rischi manifestati da una guerra appena conclusa, in cui le macchine avevano preso il sopravvento. Paure reiterate pochi anni più tardi nel capolavoro di Fritz Lang, Metropolis e poi ripresi ironicamente nel 1936 con i Tempi moderni di Chaplin. Da allora a oggi, l’uomo meccanico, l’intelligenza artificiale, i super computer, sono diventati realtà e senza accorgercene ogni giorno la nostra vita è un po’ più vittima di tali processi. Così la riflessione si innesta nella consapevolezza di come la ragione ci spinga sempre più verso la nostra stessa autoestinzione, lasciando con ciò emergere un paradosso drammatico secondo cui l’elemento stesso che ci distingue come umani, cioè l’intelligenza, risulterebbe infine la causa stessa della nostra fine.

Ragione e istinto sembrano dunque muoversi come le due facce della stessa medaglia e allora, a quella domanda su cosa ci sia da dire che non sia stato già detto, mi sembra di poter rispondere che, in verità, non ci sia stato da dire mai niente di nuovo, se non qualcosa di strettamente necessario alla comprensione stessa di noi tutti.

In virtù di ciò, l’esperienza artistica di questo gruppo astrattista pone nuove questioni da leggere in prospettiva all’epoca attuale, alle sue nuove problematiche e a possibili analisi interne. Lo stesso spunto sul rapporto tra materia e geometria induce a considerare, ad esempio, il rapporto intimo che si cela al di là del visibile. L’astrazione insita nella materia stessa che si esprime attraverso vari livelli di geometria: talvolta euclidea, altre volte frattale, ma sempre secondo un ordine prestabilito. Oggi sappiamo che tali geometrie si esprimono anche ai livelli più piccoli della materia, le ricerche più avanzate della fisica e della matematica teorica ci hanno consentito di scoprire gradi di bellezza astratta fino a qualche decennio fa impensabile.

Torna utile, ad esempio, l’opera di Srinivasa Ramanujan, giovane matematico indiano che istintivamente seppe riformulare l’idea di matematica ben oltre la sua condizione empirica. Bertrand Russel tentò di interpretarla attraverso concetti di bellezza: «la matematica, vista dalla giusta angolazione, non possiede solo la verità, ma anche la suprema bellezza: una bellezza fredda e austera, come quella della scultura; una bellezza che non fa appello ai nostri sentimenti più grossolani, che non ha gli ornamenti sgargianti della musica o della pittura; una bellezza pura e sublime, capace della rigorosa perfezione, propria solo della più grande arte».

È dunque chiaro che di fronte a tali scoperte, un astrattismo contemporaneo dovrà porsi in senso dialettico, affrontando nuove frontiere e sperimentando percorsi innovativi. Ma con esso anche la critica d’arte dovrà riconsiderarsi, porsi in posizione di ascolto senza accontentarsi del già detto ed anzi, pur manifestando inevitabili domande sulla pertinenza di formule già sperimentate, cercarne una logica attuale.

Scorrendo in rassegna i protagonisti di questo catalogo, si deduce una disinvoltura espressiva frutto delle molteplici esperienze vissute. L’astrattismo trova in essi i termini del formalismo come del gestualismo, della logica numerica come della interpretazione simbolica, un ampio ventaglio insomma che da un lato riassume un secolo di linguaggi astratti e dall’altro li spinge verso riconsiderazioni attuali e aperte a dibattiti necessari e auspicabili nell’ottica di una crescita culturale costante. Una consapevolezza del proprio spirito umano alle prese con i cambiamenti epocali cui soprattutto le generazioni più giovani saranno chiamate ad affrontare.

Galleria “Arianna Sartori” ARTE & OBJECT DESIGN

MATERIA  E GEOMETRIA. L’istinto e la ragione

dal 13 marzo al 25 marzo 2021

Mantova – Via Ippolito Nievo 10

Orario: dal Lunedì al Sabato 10:00-12:30 / 15:30-19:30. Chiuso festivi

Informazioni: Tel. 0376.324260 – info@ariannasartori.191.it

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