MANTOVA – ARCHITETTURA COME ATTO D’AMORE. Storie di principi e architetti nel Rinascimento: IL NUOVO LIBRO DI GIULIO GIRONDI

architettura come atto d'amore.jpgVenerdì 14 dicembre alle ore 18.00 verrà presentato a Casa della Beata Osanna Andreasi (Via Frattini 9)  Mantova il nuovo libro di Giulio Girondi, “ARCHITETTURA COME ATTO D’AMORE. Storie di principi e architetti nel Rinascimento”.

Come possiamo leggere la storia di una città e delle sue architetture? Come possiamo arrivare alla sua anima, al suo «genius loci»? Questo libro, parlando di Mantova e delle sue bellezze, prova a offrire qualche spunto di riflessione. Non è la prima e non sarà l’ultima volta che qualcuno prova a elaborare una chiave di lettura per interpretare una città. Ma questa volta tutto è basato sull’amore.

Riprendendo la visione poetica proposta nel Trattato di Filarete (1460-1464) secondo cui l’opera di architettura sarebbe “figlia” di un architetto-madre e di un committente-padre, si può provare ad allargare il discorso considerando più generazioni di “coppie” architetto/committente; fissando la nostra attenzione al Rinascimento, la cosa diventa particolarmente interessante nel caso in cui i committenti siano anche dei principi, perché è anche grazie a questa successione di rapporti tra principi e architetti che tante delle nostre città storiche sono diventate così piene di bellezza. Mantova sembra l’esempio perfetto; qui abbiamo una dinastia che ha retto le sorti della città per quasi quattro secoli – i Gonzaga – e alcuni esponenti della casata hanno realmente avuto un notevole grad0 di intimità con i propri architetti. Tra tutti, si sono scelte tre coppie: Ludovico II e Leon Battista Alberti, Federico II e Giulio Romano, Vincenzo I e Antonio Maria Viani.

GIULIO GIRONDI (Mantova, 1983) ama l’architettura e la sua storia fin da bambino. Questo amore lo porta a diventare architetto, a completare un dottorato e a perfezionare i suoi studi grazie a una borsa di post dottorato. Nel frattempo pubblica una sessantina tra monografie, articoli su riviste internazionali e atti di convegni. Ma considera questo il suo vero primo libro.

Dalla prefazione di Federico Bucci, Prorettore del Polo di Mantova del Politecnico di Milano

Come scrive Manfredo Tafuri nel saggio Teorie e storia dell’architettura, del 1968: «Libri come lo Space, Time and Architecture del Giedion, o la Storia dell’architettura moderna di Zevi sono contemporaneamente contributi storiografici e veri e propri progetti architettonici». L’elenco potrebbe facilmente proseguire arrivando a includere i “principi architettonici” di Rudolf Wittkower (1949), il “linguaggio classico” di John Summerson (1966) e la “villa ideale” di Colin Rowe (1976). Sono tutti libri che, scritti per interpretare i fenomeni architettonici del passato, hanno offerto un punto di vista nuovo per il progetto d’architettura. In realtà, c’è poco da stupirsi: il pro-jèctus, cioè l’azione di “gettare avanti”, risiede nella natura stessa dell’inter-pretazione. Detto ciò, anche questo libro di Giulio Girondi potrebbe essere letto in questa prospettiva, perché offre un nuovo “modello interpretativo” delle meraviglie architettoniche di Mantova, non nasconde le “troppe bugie” che ne hanno spesso offuscato la memoria e, infine, solleva qualche ragionevole dubbio su quelle certezze troppo frettolosamente ereditate dalla storiografia. Il finale è un atto di accusa contro l’enorme puzzle della “megalopoli padana”, di cui la città dei Gonzaga oggi rappresenta un tassello: «Tra fabbriche dismesse, condomini e sprawl insediativo, anche Mantova è diventata una “città diffusa”. Case, case e ancora case, senza più confini con i comuni vicini. I laghi non marcano più un confine tra città e campagna, ma sono diventati un corso d’acqua che attraversa una città senza forma». Ma nelle 280 pagine precedenti, i “fatti” della costruzione di Mantova si susseguono in un racconto avvincente, che coglie lo spirito del luogo con una scrittura fluida e disinvolta, priva di quei tecnicismi e quelle annotazioni erudite tipiche degli esiti meno originali, ma vistosamente più numerosi, della ricerca accademica.

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